Secondo le elaborazioni della Confesercenti, negli ultimi quattro anni la spesa pro-capite per infrastrutture è diminuita del 25% mentre la spesa corrente è in aumento. L’andamento del settore infrastrutture esprime, infatti, una sintesi importante di un fattore di crescita economica che, oltre ad aumentare l’unità e la funzionalità di un paese, favorisce anche il turismo e la relativa spesa, che in Italia è uno dei settori di maggior peso,  estraneo a depressioni e arrivando a costituire quasi il 6% del pil.

Il quadro è preoccupante perché mentre continuano a calare gli investimenti, si allunga la lista delle grandi opere incompiute, basti pensare alla Metro C di Roma, alla “Salerno – Reggio Calabria”, alle infrastrutture previste per l’Expo 2015 di Milano.

Nel biennio 2012-2013 l’Italia va a occupare l’82° posto nella classifica mondiale relativa alla qualità delle  infrastrutture nel suo complesso, peggiorando di tre step la propria posizione rispetto al biennio precedente, e risultando addirittura dopo Kenya, Uruguay e Botswana. Più in dettaglio possiamo a malincuore apprendere che, ad esempio, in termini di infrastrutture portuali l’Italia con i suoi quasi 7.500 km di coste è solo all’89° posto. Ma ciò che ancora di più è inaccettabile è il 5° posto della Francia e il 9° posto della Germania nella stessa classifica mondiale.

Nell’ambito del servizio idrico la situazione non migliora: le reti sono del tutto inadeguate visto che la perdita d’acqua misurata dal punto di prelievo a quello di destinazione si aggira intorno al 43%. Ciò significa che quasi la metà dell’acqua trasportata dalle reti viene persa in uno spreco sconfortante che nessuno ha ancora fermato.

Per quanto riguarda il settore dei trasporti, quello su gomma supera ancora il treno con una conseguente congestione della rete autostradale e un vergognoso ritardo nello sviluppo delle reti ad alta velocità. Nel 2011 il trasporto passeggeri su strada tramite auto si attestava al troppo elevato 82,8% contro il 5,1% su treno; il trasporto merci su strada arriva all’ 87,8% contro un infelice 12,2% di trasporto ferrato.

Il confronto internazionale è impietoso, l’Italia non si riprende neanche nello smaltimento rifiuti. Ancora il 50% dei rifiuti prodotti vengono smaltiti in discariche o inceneriti, contro una media europea inferiore al 40%. Queste sono le modalità meno virtuose in assoluto perché non consentono alcun recupero dei materiali a differenza del riciclo e del compostaggio, oppure della trasformazione in energia tramite i termovalorizzatori.

L’immagine del nostro paese è del tutto deludente e scarsamente competitiva. La possibilità più realistica e onesta, sostenuta dalla Confesercenti, sarebbe il taglio degli sprechi sulla spesa pubblica che potrebbe permettere un risparmio di almeno 50 miliardi di euro. La razionalizzazione della spesa per la Pubblica Amministrazione, l’eliminazione delle Province, l’accorpamento dei micro-comuni e delle comunità montane permetterebbero, infatti, un ingente recupero di risorse che andrebbero canalizzate nei cantieri già aperti per rilanciare l’investimento in infrastrutture.

Le infrastrutture sono un vero e proprio capitale che oltre ad assecondare le necessità umane e contribuire allo sviluppo economico e sociale, hanno il pregio di generare un aumento di sicurezza, consapevolezza e spirito imprenditoriale nei cittadini stessi. Un bene prezioso che va valorizzato e non trascurato.

 

 

Daniela Angius