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Arrestato e rinchiuso nel carcere di Uta il cameriere carlofortino di 31 anni indagato per omicidio stradale e omissione di soccorso per aver travolto con la propria auto Emanuela Mura, 41enne, anch’ella di Carloforte, la mattina del 28 novembre scorso, mentre faceva jogging vicino il cimitero del paese.
Il provvedimento è stato firmato dal Gip di Cagliari, che avrebbe accertato fosse lui alla guida della propria macchina, una Fiat Punto, ed eseguito dai Carabinieri.
Il giovane si era costituito il giorno dopo l’accaduto, su consiglio dei propri familiari, presentandosi in caserma accompagnato da un avvocato. Avrebbe poi dichiarato di non essersi fermato a soccorrere la vittima in quanto convinto di aver urtato un muretto dopo aver sbandato con la macchina. Durante i giorni successivi avrebbe affermato di non ricordare nulla dell’accaduto.
Quella mattina era stato un passante a dare l’allarme, ma ormai l’auto si era già dileguata e per la donna non c’era più niente da fare.
La morte improvvisa di Emanuela, che aveva appena terminato un ciclo di chemioterapia per un tumore al seno, aveva sconvolto i familiari che già da subito non erano del tutto convinti da quanto asserito dal cameriere, sia perché le diverse versioni durante gli interrogatori sarebbero apparse alquanto contrastanti, sia perché pare che il 31enne non sarebbe stato da solo quella mattina in macchina.
Un altro particolare che non convince i parenti della vittima riguarda il cellulare del giovane, che sarebbe sparito e mai più ritrovato da quel maledetto 28 novembre. Forse per nascondere qualche traccia, si chiedono.
In ogni caso, mentre la questione è ancora in mano agli investigatori per verificare cosa fosse successo nel dettaglio, Sebastiano Mura, padre di Emanuela, ha parlato nuovamente con il cuore in mano, asserendo: "A me dispiace ogni volta che un giovane viene arrestato, ma la giustizia deve fare il suo corso. Sono un poliziotto in pensione, casi del genere ne ho visti tanti. Ancora non sono convinto che il caso sia chiuso, perché diversi particolari non mi tornano in base a ciò che ho sentito dire in paese, ma almeno un pezzetto di giustizia lo abbiamo ottenuto: se lui ha commesso un omicidio, perché di quello si parla, deve stare in carcere, e a lungo".
E continua: "Mi dispiace per i genitori di questo ragazzo, perché da quel giorno le famiglie distrutte sono 2, ma almeno loro potranno ancora vederlo, mentre a me Emanuela non la restituirà mai nessuno, ho perso un pezzo di me stesso, e finché non saprò com’è andata esattamente questa vicenda, non mi darò pace".
Conclude tra le lacrime e i singhiozzi: "A 31 anni si è giovani, però si dovrebbe essere già uomini: se lui avesse commesso lo stesso incidente, ma si fosse almeno fermato a vedere come stesse mia figlia, sarebbe stato diverso. Avrei apprezzato almeno questo piccolo gesto in tutta l’enorme tragedia, invece ha, o hanno, sbagliato 2 volte. Oggi, dopo 19 giorni, ho ripreso in mano il cellulare di mia figlia e ho pianto come un bambino. Non è possibile pensare sia morta in quel modo atroce, è inconcepibile".