Cagliari. Venti gradi. Sembra primavera. A Cagliari è sempre primavera.  Il sole. Il profumo del mare. Un panorama mozzafiato. Arrivo qualche minuto in anticipo. Appuntamento al suo solito bar, zona Castello. Qui il sole c’è sempre. Poche macchine. Un silenzio piacevole. Prendo posto in un tavolo all’angolo. All’aperto. Musica in sottofondo. Lo vedo arrivare. Occhialone nero. Borsa sulle spalle. Sorriso smagliante. “ ah sei qui.”, esclama. Saluti di rito. Ordiniamo un caffè e un bicchiere d’acqua. Iniziamo a parlare. È difficile non ridere, Jacopo ha sempre la battuta pronta. Gli dico: “ iniziamo?”,  “ ah, perché non avevamo già iniziato?”, mi risponde. Accendo il mio registratore. Siamo pronti. Iniziamo. Jacopo Cullin, classe 1982, tra una battuta e una risata si racconta.

Sei un personaggio poliedrico: chi è veramente Jacopo Cullin?

"Ho un ansia che mi sta salendo … Io sono tutto quanto. Sono un po’ tutti i personaggi che faccio  e sono anche un po’ serio. Ho dei momenti di serietà, rari ma li ho. Momenti di solitudine, momenti in cui mi piace stare solo e pensare. Poi magari non penso a niente, però la faccia di quello che pensa la faccio bene."

Parlarmi del tuo percorso professionale.

"Professionale? Quindi non quando facevo lo scemo con i miei parenti?"

Iniziamo da quando facevi lo scemo con i tuoi parenti.

"In realtà ho capito da poco che già da lì nasceva qualcosa. Il mio primo pubblico l’ho avuto durante il parto di mia zia. Ero nel corridoio insieme al resto dei parenti e passa un signore zoppo. Io mi sono messo dietro e ho iniziato ad imitarlo. Avevo circa sei anni.  Non volevo prenderlo in giro, volevo solo capire come stesse camminando,  mi sono messo a rifarlo facendo ridere tutti gli altri.  Poi a scuola, ho sempre imitato il preside, i professori. A 16 anni ho iniziato a studiare recitazione. A scuola di pomeriggio facevano dei corsi teatrali con i Cada Die e io non ne perdevo uno."

 Quindi a 16 anni tu hai deciso che saresti diventato un attore?

"Non l’ho deciso. Mi piaceva talmente tanto che mi è venuto naturale. A 18 anni ho iniziato a fare l’animatore turistico, dove ho conosciuto un capo animatore “terribile”, lavoravamo 15/16 ore al giorno, questa e stata un prova di resistenza forte. Avevo 18 anni ed era la prima volta che stavo fuori casa per così tanto tempo. Ho passato il primo mese a piangere e volevo mollare, tutte le sere fissavo il letto sopra il mio e piangevo. Però ho resistito e ho imparato tante cose. È stata una scuola importantissima. Ho iniziato a fare le cose con più serietà e concentrazione, prima sembrava un gioco. Saprei fare anche altro, credo, ma non mi interessa."

Tre aggettivi per descriverti.

 (silenzio). "Non lo so, è troppo difficile! Pensieroso, solare e tenace."

Invece tre aggettivi per descrivere il tuo lavoro?

"Questa non è più semplice! Racchiuderlo in tre aggettivi non riesco, perché è troppo riduttivo. È un lavoro che ti assorbe totalmente se lo fai con la passione giusta e, a mio modo di vedere, l’unico modo per farlo è dare tutto te stesso. Esiste il tuo lavoro e tu dovresti essere secondario a questo, dovresti vederti come uno strumento rispetto ad esso. Nel mio lavoro, io trovo ci sia qualcosa di divino, perché c’è creatività e ispirazione. È come stare dentro una bolla ed estraniarsi dal resto."

Dove e come nascono i tuoi personaggi?

"Nascono tutti dalla vita reale. Sono tutte persone che conosco, ho semplicemente preso i loro “difetti”, caricaturati, li ho resi un po’ più “ macchiette” e messi in scena. Ma sono tutte persone che esistono realmente."

La loro reazione qual è stata nel rivedersi?

"Alcuni non sanno di essere loro. Altri non se ne accorgono e dicono “ Ceee mamma mia troppo gaggio quello lì”. Invece, Sig. Tonino all’inizio non l’aveva presa proprio bene. Avevo partecipato ad uno spettacolo per cabarettisti emergenti nel 2002/03. Ero arrivato in finale e invitai il mio amico Roberto.  Lui arrivò la sera con i suoi genitori. Il padre, sig Tonino, mi voleva salutare prima dello spettacolo. Panico. “ ascolta mi hanno detto che mi devi prendere in giro”, disse e io gli risposi “ ma no sig. Tonino devo solo imitare la sua voce” “e perché che cos’ha la mia voce che non va?” “ ma niente, niente”.  Quando poi il suo personaggio è andato in tv la gente che lo conosceva lo riconosceva e lo hanno massacrato, lo fermavano tutti a Monserrato. Oggi è più serena la situazione in generale. La vivo meglio anche io."

In che senso la vivi meglio anche tu?

"Adesso esco tranquillamente di casa. I primi anni me ne stavo chiuso in casa perché forse mi vergognavo un po’. Fondamentalmente sono molto timido. Io la mattina vengo in questo Bar e passo delle ore qui a lavorare, perché non viene nessuno, c’è il sole praticamente tutto il giorno, e sto da Dio. Mi isolo e mi piace."

Il personaggio al quale ti senti più legato.

"Angioletto Biddi ‘e Proccu. È mio nonno. Lo facevo da quando ero alle medie, imitavo quell’accento che mi piaceva. Ho iniziato a prendere in giro, bonariamente, mio nonno e vedevo che i miei compagni comunque ridevano. Trattandosi della figura di mio nonno ci sono particolarmente legato. Forse è quello anche con cui mi diverto di più."

 Comico, attore regista. Hai ricoperto diversi ruoli. Qual è quello che senti più tuo?

 "Regista. Mi sento più regista ma non mi considero tale ancora, forse lo farò quando uscirà il mio primo film. Ho sempre fatto la regia dei miei spettacoli e ho sempre scritto io. È quello che più mi piace fare, è brutto da dire ma ho bisogno di tenere sottocontrollo tutto, lascio spazio alla creatività  all’ispirazione degli altri, ma devo sempre supervisionare tutto."

Pensi che la Sardegna sia un limite per il tuo lavoro?

"Forse manca un po' lo scambio artistico e il confronto che aiuta a crescere, ma sembra che le cose stiano cambiando. Per quanto mi riguarda viaggio spesso, prendo l’aereo come se fosse una corriera dell’Arst. A Roma si girano tanti film, li si fanno i provini e li ci sono le produzioni più importanti, ma il cinema lo si può fare ovunque."

Hai degli artisti a cui ti sei ispirato?

"Non consapevolmente. Ma fin da ragazzo ho sempre guardato tutti i vecchi film di Jerry Lewis, Stanlio e Olio, Totò, Fantozzi e tutta la commedia all'italiana. Ho sempre guardato le commedie anche in maniera maniacale. Mia madre mi guardava preoccupata e mi diceva: "tu non stai bene”. Riguardavo la stessa cosa una ventina di volte, in realtà lo faccio ancora. Anche se ovviamente non rido più, la riguardo lo stesso e mi piace. Forse inconsciamente assorbi qualcosa da quello che guardi. Adesso ho la possibilità, conoscendo diverse lingue, di guardare film di autori stranieri e quindi questo mi permette di avere una visione più ampia."

Quali qualità deve avere secondo te un vero artista?

"Sensibilità. Empatia. Umiltà. Consapevolezza. La giusta dose di tutto. L'umiltà non dev'essere mai troppa, bisogna essere consapevoli dei propri mezzi e darsi un valore. Questo è molto importante, perché se lo lasci fare agli altri spesso vanno al ribasso. Bisogna essere fermi sulle proprie posizioni."

Sei un divoratore di film e serie tv. Il tuo film e la tua serie tv preferiti?

"Domanda difficilissima. Ho più di un film preferito. Sul podio metterei: I soliti Ignoti di Mario Monicelli, Manhattan di Woody Allen, La La Land di Damien Chazelle. Mentre la serie tv che ho divorato più velocemente e che mi è piaciuta tantissimo è Narcos su Netflix, è la storia di Pablo Escobar. Ho divorato 20 puntate in tre giorni."

Cosa bolle in pentola?

"Ho appena finito di girare un film su Emanuela Loi, l’agente della scorta di Paolo Borsellino, morta durante l’attentato di Via D’Amelio. Si tratta di un  film per canale 5 che andrà in onda in autunno. Poi sto preparando il prossimo film di Paolo Zucca che dovrei iniziare a girare a giugno. Sto scrivendo una cosa mia, in realtà ho iniziato a scriverla nel 2009 e spero sia quasi pronta. Poi sto preparando degli spot pubblicitari divertenti. Un’altra cosa che mi piace tantissimo perché hai un target al quale ti devi rivolgere."

Nella vita di Jacopo c’è posto per l’amore?

"Jacopo chi? Certo. L’amore è fondamentale. Non c’è posto per altro forse.

Dove ti vedi a 50 anni?

(ci pensa). "A Los Angeles. Probabilmente a 50 anni sarò a Los Angeles, a lavorare chiaramente."