Tra i vincitori della IX edizione del prestigioso Premio Letterario Città di Castello c’è anche l’algherese Carmelo Polese.

Sabato 24 ottobre, infatti, presso la Sala degli Specchi del Circolo Tifernate “Accademia degli Illuminati”, ha avuto luogo la cerimonia di premiazione alla quale hanno partecipato 30 finalisti (dieci per ognuna delle tre sezioni del Concorso) giunti in Umbria da ogni parte d’Italia e anche dall’estero.

Il premio, ideato dal Presidente dell’Associazione Culturale «Tracciati Virtuali» Antonio Vella e presieduto dallo scrittore, attore e regista Alessandro Quasimodo, è riservato a opere inedite e suddiviso in tre sezioni principali: narrativa, poesia e saggistica.

Per la sezione “narrativa” Carmelo Polese si è classificato al terzo posto con “Dies irae”.

“…Il romanzo, ambientato nella Spagna del XVI secolo, racconta la storia di Samuel Tazarte, bambino ebreo  rimasto orfano dopo l’uccisione del padre per mano dell’Inquisizione spagnola. Risparmiato dagli inquisitori,  Samuel viene richiuso in un monastero cattolico dove, sottoposto a una disciplina durissima, si converte al cattolicesimo e impara presto a ottenere l’approvazione dei prelati…”

L’autore, dopo 40 anni di servizio nella Gestione Risorse Umane della Asl di Sassari, ha fatto tesoro della sua esperienza lavorativa, che gli ha “insegnato tantissimo – come dice lo stesso scrittore – nello studio dell’animo umano”.

Carmelo Polese non  è nuovo a questa esperienza: già nel 2013, infatti, avemmo il piacere di intervistarlo per lo stesso concorso, con un altro titolo: Finché morte non ci separi”.

 

- Benvenuto, possiamo dire che, ormai, lei è di casa su Sardegna Live

Sì, lo sapevo che “a volte ritornano”, o se preferisce, “l’assassino torna sempre sul luogo del delitto”. Tuttavia, questa volta l’assassino ha cambiato modus operandi, tempo e luogo: la Sardegna degli  anni sessanta ha passato il testimone alla Catalogna del medioevo.

 

- Qual è il tema trattato nella sua opera?

Penso che lo scrittore sia un bambino e la parola il suo giocattolo. Dies Irae, infatti, non è un saggio storico, anche se ambientato nella Spagna del XVI secolo. Non è un giallo né narrativa Fantasy; niente streghe, vampiri o mostri, se si fa eccezione per quelli in sembianze umane. È solo un gioco, frutto della mia fantasia, che ha preso spunto e, speriamo non violentato, reali accadimenti di allora.

 

- A chi è rivolta?

Vede, ho detto che  è soltanto un gioco, iniziato da me, ma senza preclusioni: qualsiasi adulto non si vergogni di essere considerato un bambino, è invitato a giocare: tutti i bambini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti al gioco, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Scherzi a parte, penso che il romanzo, nonostante l’ambientazione medievale, sia di grande attualità, per il tema trattato: si parla della persecuzione degli ebrei, da parte dell’Inquisizione Spagnola e quindi di razzismo, con le conseguenze che questo ha comportato e continua a comportare. Se al posto dell’ Inquisizione mettiamo la civiltà occidentale e al posto degli ebrei, gli extra comunitari… beh, possiamo capire che tutto ciò che di male succede