Trent’anni, nella vita di un uomo, sono tanti, mentre possono essere un’inezia per determinate e originali opere, svolte o innovazioni che lo stesso uomo consegna alla storia musicale di un popolo.

Il caso è quello dell’Associazione Culturale “Cuncordia a Launeddas”, un’innovazione musicale entrata in punta di piedi e anche timidamente, considerati gli inesistenti precedenti di mestiere di quasi tutti i protagonisti, in un mondo che ha caratterizzato da tempo immemorabile usi e costumi della gente sarda, quello delle launeddas, appunto.

Tutto accadde nel 1987, quando un gruppo di ex allievi del maestro Luigi Lai di San Vito, provenienti dalla prima scuola pubblica di launeddas (120 iscritti, di cui 5 donne), ebbe l’intuito e l’ardire (le innovazioni non sono mai facili)  di dar vita a una vera e propria orchestra con tanto di sezioni musicali facenti capo ai diversi temperamenti dei cuntzertus.

Un’iniziativa senza precedenti, così per divertirsi tra amici (negli spazi che l’attività lavorativa di ciascuno lasciava liberi), più che per divertire gli altri.                                                  

Il tutto, giocando sulle note di uno strumento che vedeva alle prime armi quasi tutti i pionieri di quella che sarebbe stata una grande e avvincente avventura. Che quest’anno ha compiuto i suoi primi trent’anni. Una vita per i più, un inizio per altri.

Oggi, infatti, all’interno del gruppo, ci sono ragazzi e ragazze che volano sulle ali di un entusiasmo di tipo virale, che ripete quello dei loro maestri di tutti i giorni, depositari del verbo dell’Associazione da essi stessi voluta.                                                                                   

Trent’anni di vita,  un periodo lungo e breve allo stesso tempo, vissuto dai protagonisti in uno scrosciare di musica e di valori antichi interpretati sempre con rispetto, devozione, orgoglio e fierezza.

Sono suoni, quelli delle launeddas, che trascinano, coinvolgono, seducono e incantano. Così come tutte le musiche popolari, provviste di un’anima che alimenta le vibrazioni del cuore e dello spirito di attori e comprimari, di chi suona o di chi ascolta, di chi danza o di chi canta.

Nel 1987, l’originale intuito di dare un respiro orchestrale quanto più ampio possibile allo strumento, prese subito la forma e la sostanza di un’idea che era già realtà al momento del suo stesso concepimento.

Giusto il tempo di allestire l’aspetto organizzativo-burocratico e la prima innovazione nel suo genere divenne subito un progetto esecutivo. Prese corpo un’entità musicale nel quadro di un contesto storico-culturale dalle radici sicure,  ben salde sul passato e  di peso pari alla passione viscerale dei promotori dell’iniziativa di vestire anche abiti rispondenti all’ansia di studio e ricerca delle nuove generazioni. 

Né si fece attendere, nei protagonisti dei nuovi e aggiuntivi scenari delle launeddas,  la consapevolezza di aver fatto qualcosa d’importante per la stessa storia delle millenarie e sempre umili canne.

A dare certezze e sicurezze, furono le sorprendenti e anticipate, rispetto a qualsiasi ipotetica previsione, le richieste di partecipazione a eventi, sagre e spettacoli da parte di comitati o enti organizzatori. Era come se fosse arrivato finalmente, con un’orchestra organica di suonatori di launeddas, ciò che ancora mancava nel linguaggio espressivo e comunicativo della nostra bella e amata musica di sempre.

 

L’Associazione Culturale “Cuncordia a Launeddas”, era, dunque, una realtà conosciuta sin dai suoi primi vagiti. Ma anche molto esposta, rispetto a una crescita rapida, costante e comunque precoce, che da quel momento in poi non poteva più fermarsi. D'altra parte, è quanto richiedevano gli impegni sempre più incalzanti, che andavano ben oltre i confini di un semplice passatempo o svago. Occorreva essere professionali, preparati e pronti ai sacrifici richiesti da un impegno che a sua volta esigeva serietà e non pressapochismo.  

Però, come si suol dire, il gruppo era attrezzato per rispondere alle esigenze imposte dal progetto. Possedeva, cioè, forze e capacità autonome tali da rendere possibile la realizzazione del sogno comune a tutti i suoi componenti. La passione per le launeddas, innanzitutto. E poi, la coesione e l'empatia di un gruppo diventato subito granitico. 

Infine, l’ambizione, vera miccia esplosiva a livello individuale prima che lo fosse, in misura ancora più forte, a livello collettivo. 

 

In tali condizioni, tutto diventava più facile. La musica, lo studio, la ricerca e la costruzione degli strumenti erano quei temi quotidiani che avrebbero avuto dei riflessi persino nella vita privata di ciascuno dei suonatori.

Forse, o conseguentemente, persino nelle loro famiglie. Le quali “dovettero” condividere con l'ingresso nelle mura domestiche delle launeddas, pulsazioni di vita che sarebbero diventate, de die in die, sempre più accettate e familiari.        

 

Per il resto, ciò che è avvenuto in trent'anni è la cronaca degli eventi. Viaggi in tutte le contrade della Sardegna, in Italia e all'estero. Inoltre, libri, pubblicazioni, incisioni discografiche, studi e ricerche, laboratori di costruzione dello strumento.

 

È passato un trentennio, ma per i pionieri dei “Cuncordia a Launeddas” non è un traguardo. Per lo spirito del gruppo è una tappa da consegnare agli annali della musica delle launeddas senza enfasi o forme retoriche che vadano oltre la semplicità di quello stesso spirito che non è mai cambiato rispetto a quello vincente, e avvincente, di sei lustri fa.  

 

L’Associazione non sentirà mai il peso del tempo, ferma com’è sul tracciato delle ancestrali launeddas, che non hanno mai perso quella freschezza originaria che ancora oggi le contraddistingue. Né mostrano di sentirlo i padri fondatori che vanno avanti negli anni con lo spirito e l’entusiasmo di sempre.

 

Come dire, la nostra musica per antonomasia è una garanzia di gioventù perenne. Tutela il cuore e la mente, é portatrice di serenità. Almeno fino a che non subentri, a causa della precarietà della vita terrena, l’esatto contrario, ovvero quegli eventi negativi e irreversibili a causa dei quali l’individuo inizia a mettere in discussione innanzitutto se stesso.

 

Anche l’Associazione Culturale “Cuncordia a Launeddas” non è stata risparmiata nel tempo dall’ingratitudine della sorte, mostratasi di segno avverso troppo presto e in modo funesto. 

Risale al 2013 la scomparsa del compianto Giampaolo Lallai, socio fondatore dell’associazione. Incrollabile fino al traguardo impostogli da un destino crudele, Giampaolo ha tenuto fino all’ultimo la mente e lo spirito intatti, con un’energia mai doma che ha lasciato tutti increduli il giorno dell’angosciosa dipartita. 

Per il suo funerale ha voluto che gli amici di mille emozioni con le launeddas gli facessero compagnia, che non lo abbandonassero nell’ultimo percorso.  Così è stato, in un’atmosfera surreale in cui anche le stesse launeddas hanno pianto.

 

Già, le emozioni, nella buona e nella cattiva sorte. Le launeddas emozionano, confortano e aiutano a ripartire. Sono da sempre un fenomeno sociale, con gli stessi alti e bassi della stessa società e della storia del popolo sardo, ma anche contrassegnate nel tempo dai grandi ritorni. 

In uno di questi fu protagonista la neofita Associazione Culturale “Cuncordia a Launeddas”, quando trent’anni fa i suonatori che la costituirono fecero un sogno diventato subito realtà e di cui oggi sono fieri. L’avventura continua, un passato la tutela, un presente lo vive e un futuro l’aspetta. 

 

Il timone della nave, dunque, è al sicuro, le prospettive anche. Ai volti storici sempre in auge dei soci fondatori Antonio Fanari, Gianfranco Meloni, Ermenegildo Lallai, Francesco Sirigu, Ignazio Francesco Spano, Dante Tangianu e Ignazio Zucca, cui hanno fatto seguito non molto tempo dopo la nascita dell’Associazione quelli di Giulio Pala e Roberto Tangianu, si sono aggiunte negli anni nuove leve di giovani. Il primo delle new entries è stato Efisio Zuddas. Poi, in fasi successive, è stata la volta di Fabrizio Rosas, Giuseppe Abis, Gianluigi Puddu, Riccardo Meloni, Mattia Deiana, Matteo Manca e Chiara Paschina.