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Dopo 25 anni dai fatti, la Direzione distrettuale Antimafia di Cagliari riapre le indagini su una delle più cruente e misteriose pagina di cronaca nera in Sardegna: il sequestro di Paoletto Ruiu, il farmacista di Orune rapito il 22 ottobre del 1993 e mai rientrato a casa, e quello di Giuseppe Sechi, 20 anni di Ossi, fatto sparire e poi ucciso nel marzo del 1994, quindi 'usato' per spingere i familiari del farmacista rapito a pagare.
L'orecchio di Sechi, infatti, era stato recapitato alla famiglia di Ruiu per fornire la prova in vita dell'ostaggio, che in realtà era già stato ucciso. Sequestratori e assassini non sono mai stati scoperti. Oggi l'Ansa dà notizia di una possibile svolta a distanza di tanti anni.
Il sostituto procuratore della Dda di Cagliari, Alessandro Pili, è titolare dell'inchiesta e coordina gli ultimi sviluppi investigativi dei carabinieri di Nuoro. Gli inquirenti non hanno fornito indicazione sul motivo che ha portato alla riapertura dell'inchiesta, secondo quanto emerso, la Procura vorrebbe ascoltare alcune persone che all'epoca dei fatti, pur conoscendo alcuni particolari sul legame tra i due fatti di cronaca, non avevano fornito elementi utili agli investigatori.
Non vi sarebbero collegamenti fra la riapertura delle indagini e il recente ritrovamento di ossa umane nel Supramonte di Orgosolo. La nuova inchiesta sarebbe infatti antecedente a questo ultimo fatto. Il fascicolo, al momento, è aperto contro ignoti seppure sui due casi è spuntato qualcosa di nuovo che ha indotto il magistrato a riaprire le indagini. I carabinieri hanno comunicato l'apertura della nuova inchiesta ai familiari di Ruiu e Sechi, che ancora sperano di avere giustizia.
PAOLETTO RUIU. Aveva 42 anni ed era il titolare della farmacia di Orune quando IL 22 ottobre del 1993 venne rapito da un commando armato a pochi chilometri dal paese mentre viaggiava a bordo della sua Tipo mentre si recava a Nuoro per trascorrere la serata. Nell’inverno del 1994 una garza sporca del sangue di Ruiu venne trovata nel corso di una battuta dei carabinieri sul Monte Corrasi, presso Oliena, nelle vicinanze di una grotta già usata in passato come prigione dell'Anonima. Fu l'ultima traccia concreta del sequestrato mai tornato a casa.
GIUSEPPE SECHI. Aveva 20 anni, e viveva a Ossi quando il 22 marzo 1994 scomparve da Sorso dopo aver salutato la fidanzata dicendo di dover prendere il treno per Sassari. Il giorno dopo la sua scomparsa, un lembo del suo orecchio venne inviato a casa di Paoletto Ruiu. Dalle indagini emerse che Sechi era solito frequentare alcuni locale, come lo “Skipper” di Sassari e il “Cordobes” di Porto Torres, frequentati anche da alcuni esponenti della malavita nuorese che avevano avuto un ruolo importante nel sequestro Ruiu.
LA MORTE DI MARCO ERITTU. Il 18 novembre 2007 Marco Erittu, detenuto nel carcere di San Sebastiano a Sassari, venne trovato impiccato nella sua cella. Erittu aveva più volte raccontato di essere a conoscenza della tragica fine di Giuseppe Sechi e di alcuni elementi relativi ai legami fra malavita sassarese e barbaricina. A distanza di anni, il caso di quello che inizialmente era stato archiviato come suicidio, è stato riaperto grazie alla confessione di un altro detenuto, Giuseppe Bigella, che ammise di aver ucciso Erittu indicando come mandanti altre persone allora detenute nello stesso carcere, fra cui Pino Vandi, esponente della criminalità sassarese che secondo il pentito era accusato da Erittu di essere coinvolto nel sequestro Sechi. La Procura di Cagliari, nell'atto di conclusione di quelle indagini aveva già sostenuto che l'esecuzione di San Sebastiano era stata ordinata "per impedire all'Erittu di parlare con l'autorità giudiziaria e narrare qualcuno dei fatti di rilevanza penale riconducibili al mandante (Vandi, ndr), e in particolare il coinvolgimento dello stesso nel sequestro a scopo di estorsione di Ruiu e nell'omicidio e seppellimento di Sechi". Questo aveva portato all'iscrizione di Vandi nel registro degli indagati per l'omicidio prima che il processo terminasse con l'assoluzione di tutti gli imputati. Il processo di appello, tuttora in corso, potrebbe essere alla base della nuova inchiesta e forse, ora, la soluzione è vicina.