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"Nell'udienza di oggi abbiamo tirato le somme di due anni di processo. Dal dibattimento è emersa in modo netto l'innocenza del cardinale Angelo Becciu. Per tutto ciò, la nostra richiesta al Tribunale non può che essere: assolvete un innocente!".
Gli avvocati difensori Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo, sintetizzano così le quasi otto ore di udienza al Tribunale vaticano - l'80/a dall'inizio del dibattimento in aula - in cui oggi hanno sostenuto l'inconsistenza delle accuse nei confronti del card. Becciu, imputato in relazione alla gestione dei fondi della Segreteria di Stato e alla compravendita del palazzo di Londra.
"Tutte le accuse, ancorché tra loro diverse, sono legate da un unico fil rouge: sono state tutte sconfessate dal processo - ha detto in aula l'avv. Viglione .- L'ambiziosa struttura elaborata dall'accusa non ha trovato alcun riscontro. Tutte le prove documentali, testimoniali e tecniche hanno smentito le tesi dell'accusa". Inoltre, negli stessi capi d'imputazione, "c'è un dato inequivoco: neanche un centesimo è stato distratto per un'appropriazione a fini personali del cardinale".
Viglione ha fatto riferimento alle "anomalie, carenze, omissioni, che sono state lo specchio dell'infondatezza delle accuse. Il teorema è stato completamente sconfessato". Ha ricordato anche le "suggestioni", le sottili "insinuazioni" (sulla vicenda processuale in patria del card. George Pell), persino le "invettive" ("si è gridato 'vile, vile' nei confronti del card. Becciu, alla luce dell'assoluta carenza di prove"). E si è lungamente soffermato sul "memoriale" di mons. Alberto Perlasca, che "ha cambiato la storia di questo processo e lo ha fatto deragliare, con l'unico scopo del coinvolgimento del cardinale".
E visti i condizionamenti, i suggerimenti, i messaggi minatori intercorsi nella stesura del "memoriale" - da parte di Francesca Chaouqui, come emerso nel processo, anche tramite l'amica dello stesso Perlasca, Genoveffa Ciferri -, Becciu ha potuto dirsi "vittima di una macchinazione".
Sia l'avvocato Viglione che la collega Maria Concetta Marzo, hanno quindi confutato una per una e sottolineato l'"inconsistenza" e "assurdità" delle varie imputazioni a carico del cardinale: i due peculati e l'abuso d'ufficio nell'ingresso della Segreteria di Stato nel Fondo Athena di Raffaele Mincione per acquisire il 45% del palazzo di Sloane Avenue a Londra: "perché Becciu avrebbe dovuto favorire una persona che neanche conosceva? Inoltre i soldi usati non avevano vincoli di destinazione, non erano dell'Obolo di San Pietro".
Quindi la presunta subornazione del testimone Perlasca per fargli ritrattare le dichiarazioni durante l'istruttoria: "in realtà il cardinale ha cercato di porre rimedio a una falsa testimonianza".
Quindi il peculato insieme alla ex manager sarda e asserita esperta di intelligence Cecilia Marogna, per i 575 mila euro che dovevano servire alla liberazione della suora colombiana rapita in Mali e finiti in gran parte in spese personali e voluttuarie: "il cardinale è il primo ad essere stato raggirato, e se voleva davvero 'mantenere' la Marogna, come si è detto, perché i versamenti li ha fatti fare quando già non era più sostituto?".
Infine l'altro peculato nei bonifici della Segreteria di Stato per 125 mila euro alla cooperativa Spes di Ozieri, diretta dal fratello Antonino Becciu: "due donazioni di cui sono state dimostrate le finalità caritative, mentre neanche un centesimo è stato usato per fini personali dal fratello del cardinale".
Insomma, in tutto il dibattimento è emerso come Becciu - secondo i difensori - abbia agito sempre in "assoluta buona fede", rispettando le procedure e con le necessarie autorizzazioni, mentre le accuse contro di lui sono chiaramente frutto di "pregiudizio". Le conclusioni e le richieste della difesa nell'udienza del prossimo 6 dicembre. Lo scorso 26 luglio, il promotore di giustizia Alessandro Diddi ha chiesto per il cardinale la condanna a sette anni e tre mesi di reclusione. La sentenza del Tribunale a metà dicembre.
"Continuo a proclamarmi innocente e posso dire che mai ho rubato, mai ho migliorato la mia posizione economica: io non ho ville, non ho case, non ho appartamenti e i miei conti sono molto, molto modesti". È quanto afferma il cardinale Angelo Becciu in un'intervista al Tg1, andata in onda questa sera dopo l'intervento di oggi dei difensori nel processo.
"Il mio intento era solo quello di creare vantaggi per la Santa Sede, di fare solamente il bene della Santa Sede. Se poi altri ne hanno approfittato, questi altri ne rispondano", risponde Becciu alla domanda su come si comporterebbe se tornasse indietro. Sul perché, con l'aiuto di un'altra persona, abbia registrato una telefonata con il Papa, "questo l'ho già spiegato al Papa. E il Papa ha capito bene - replica il cardinale -. Quella telefonata era già morta. Nessuno ne sapeva. Io non l'ho mai utilizzata, qualche altro invece l'ha voluta pubblicare".
"Posso dire di essere orgoglioso di aver aiutato il Papa ad avviare queste riforme. Mi sono permesso anche di fare presente al Papa che certe persone non meritavano di stare in Vaticano", dice ancora il porporato, alla domanda se condivide lo sforzo che sta facendo il Papa per portare più pulizia e trasparenza nell'uso del denaro in Vaticano. E lei pensa di essere vittima anche di queste persone?, gli viene chiesto: "Certamente nel processo questo è venuto fuori. Si sono quasi autoaccusati di aver messo su delle accuse contro di me. Sono gli stessi autori ad averlo detto".
Infine, se dovesse essere condannato, chiederà la grazia al Papa? "Io non ci voglio pensare all'eventualità della condanna. Io ho fiducia. Lo stesso Santo Padre negli incontri vari che ho avuto mi ha sempre detto abbia fiducia, abbia fiducia", conclude il cardinale Becciu.