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Fra le figure più affascinanti del mondo fantastico, i draghi sono da sempre oggetto di grande interesse. Bestie possenti e spietate, assumono connotazioni e caratteristiche differenti a seconda della cultura nella quale prendono forma. Nei racconti della tradizione folkloristica sarda, ad esempio, si narra della mitologica figura dello Scultone, un animale rettiliforme dalle sembianze "draghesche" che uccideva uomini e animali. Si racconta si aggirasse per le campagne di Baunei, seminando il panico poiché il solo incrociare il suo sguardo poteva rivelarsi fatale. Per evitare che divorasse tutta la popolazione, ogni anno gli venivano offerte in sacrificio sette giovani donne vergini. Le sue origini sono incerte: sarebbe apparso all'improvviso stravolgendo la quotidianità della comunità baunese.
SAN PIETRO SCONFIGGE LO SCULTONE. La liberazione da questa inquietante figura è associata all'arrivo di San Pietro. Pare infatti che un giorno l'apostolo, passando nei pressi dell'altopiano del Golgo avesse trovato una fanciulla seduta in lacrime sopra un masso, conscia del fatto che, essendo stata data in sacrificio, avesse le ore contate. Pietro, che grazie alla sua conoscenza sapeva come affrontare le creature capaci di pietrificare con il solo sguardo, rassicurò la giovane incaricandola di riferire ai suoi compaesani che si sarebbe occupato lui stesso del terrificante rettile. Armato di specchio, come Perseo contro Medusa, affrontò lo Scultone limitandosi a guardarne soltanto il riflesso, evitando in tal modo di rimanere pietrificato e "rispedendo" al mittente il suo stesso sguardo così da stordirlo. Afferrando il mostro per la coda lo scagliò violentemente al suolo, che all'impatto con la bestia aprì un'enorme voragine dentro la quale questa precipitò, inghiottita dalle viscere della terra.
LA TANA DEL DRAGO. La sconfitta dell'opprimente essere generò nei confronti del santo un profondo sentimento di gratitudine, tanto che gli stessi abitanti eressero nel XVI secolo una chiesetta in suo onore, San Pietro in Golgo. Tutt'oggi è possibile trovare la voragine, cosiddetta di su Sterru, considerata con i suoi 280 metri la più profonda in Europa fra quelle a campata unica. Sempre secondo una leggenda, se a qualcuno dovesse capitare di passare nei paraggi nel cuore della notte potrebbero sentirsi i lamenti di anime infernali provenire dall’interno.
UNA FIGURA MISTERIOSA. La credenza in questa creatura si discosta dalle più classiche della tradizione sarda, che predilige solitamente altri tipi di profili. Non esistono inoltre descrizioni accurate sullo Scultone, poiché solitamente chi aveva la sfortuna di incontrare il mostro non poteva tornare a casa per raccontarlo. Le caratteristiche principali che gli si attribuiscono sono fiato velenoso e, appunto, sguardo letale. C'è chi racconta fosse serpentiforme, secondo alcune versioni era invece varaniforme, stando ad altre ancora pare possedesse sette teste, la cui centrale portava una croce o una corona di cristallo che sarebbe valsa, a chiunque fosse riuscito a conquistarla, buona sorte per cinque generazioni. L'unica certezza è che si trattasse di un rettile e che il suo corpo fosse ricoperto di squame.
SU STERRU. In realtà si ritiene che la voragine sia habitat del mite geotritone sardo, anfibio tipico del territorio al quale fanno compagnia il ragno porrohomma e alcuni crostacei terrestri. In principio fu ritenuto un vulcano (nelle carte topografiche compariva come ‘Cratere vecchio’) profondo 100-150 metri, ma la sua completa esplorazione nel 1957 portò a svelarne l’enorme abisso carsico frutto dell'opera di fenomeni erosivi. Sterru sta infatti a significare ‘discesa’, oppure ‘scavo’, un termine comune ad altri toponimi ogliastrini e barbaricini. Lo sprofondo si apre nell'altipiano del Golgo, a circa 13 chilometri da Baunei, caratterizzato inizialmente da un diametro di 25 metri che diventano 40 se si scende in profondità. È raggiungibile a piedi attraverso un affascinante cornice di colate laviche sul calcare, felci e lecci ammantati di muschio e piccoli stagni (piscinas). Le peculiarità del territorio ne fanno un museo a cielo aperto, richiamo ancestrale di antichi riti che attestano al Neolitico la presenza umana. Un palcoscenico naturale, perfetto per racconti e miti che tutt'oggi fanno parte della tradizione ogliastrina e sarda, e che attraversano le generazioni suscitando stupore e meraviglia.