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Sono gli oltre 10mila pastori a pagare 130 milioni di euro dei 150 milioni della perdita dell'intera filiera del latte ovino in Sardegna.
Lo denuncia Coldiretti Sardegna in una lettera al presidente della Regione Francesco Pigliaru, inviata per conoscenza anche ai quattro prefetti dell'isola, in cui sollecitano "importanti sostegni diretti al reddito" per gli allevatori, giudicati necessari per la sopravvivenza del comparto.
"Le chiediamo un intervento straordinario per lo sblocco immediato dei fondi del Piano di sviluppo rurale, con anticipi su indennità compensativa e su benessere animale, per garantire un filo d'ossigeno e liquidità agli ovili", chiedono a Pigliaru, che da dicembre ha assunto l'interim dell'Agricoltura, il presidente e il direttore regionali dell'organizzazione di categoria, Battista Cualbu e Luca Saba.
I vertici di Coldiretti accusano gli imprenditori della trasformazione e contestano il prezzo del latte corrisposto ai pastori, passato da un euro di fine campagna 2015 a 0,55 centesimi dell'attuale.
"E' ormai da un anno che abbiamo lanciato l'allarme sul pesante momento speculativo che si stava perpetrando alle spalle dei produttori di latte dell'isola", ricordano i vertici di Coldiretti Sardegna. "In quel momento abbiamo denunciato il fatto che a un normale riallineamento della domanda all'offerta si affiancavano voci ripetute e ingiustificate di abnormi possibili produzioni di latte per via di una stagione invernale mite, tali da ipotizzare oltre 100 milioni di litri di latte ovino in più. Tali dichiarazioni si sono poi rivelate una bufala. Ai 430 milioni di litri di latte che si prevedevano, la realtà dei fatti riporta per il 2016 a una produzione totale di latte lavorato in Sardegna sotto i 290 milioni di litri".
"Mentre la trasformazione non è riuscita a mettersi d'accordo e ad arrestare la caduta del prezzo del Pecorino romano, si è continuato a dare le colpe dell'iperproduzione dello stesso formaggio al troppo latte, anche quando si sapeva che non vi era stata maggiore quantità di latte prodotto", sottolineano Cualbu e Saba.
"Insomma, la trasformazione sarda ha prodotto 356mila quintali rispetto ai 300mila nel 2015 solo per paura che ci fosse troppo latte. Una paura letta da tutti gli attori del mercato, compresi i grandi compratori americani che quando hanno visto che il settore era in stallo hanno cominciato ad aumentare le pretese di sconto, portando il Pecorino romano a perdere 5 euro al chilo all'ingrosso nell'arco di un anno. Noi siamo certi che un prezzo di 10 euro al chilo fosse difficilmente sostenibile dal mercato", ammettono i dirigenti di Coldiretti in riferimento alla quotazione del Pecorino romano, "ma riteniamo anche che nessuno intervento volontario di regolazione della produzione così come nessuna prudenza sulla gestione dei dati produttivi abbia portato a un perdita stimabile per la filiera di circa 150 milioni di euro".