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Launeddas diversamente coniugate, a seconda dello spirito della gente, della comunità di appartenenza. Sono le tre umili quanto semplici canne, per lui bidulas, dell’ancestrale armonia musicale che Peppe Cuga ha saputo interpretare in modo magistrale. Ogni sua esecuzione era una sintesi di emozioni e sensazioni che superava la sfera individuale del suonatore.
Colpivano i suoi messaggi, espressi con quei fraseggi ammirevoli, semplici quanto chiari, che comunicavano con grande calore il sentire della sua gente, in Ovodda, sempre immersa in quegli antichi valori assoluti che sono fierezza e orgoglio di appartenenza alle tradizioni, agli usi e ai costumi propri e inconfondibili di ciascuna delle nostre comunità isolane.
Beppe era un “figlio d’arte”, parlava, attraverso i suoni delle bidulas, con il linguaggio della sua gente, investito, per eredità di sangue, di un sociale compito comunicativo, allo scopo di diffondere e tenere alto il vessillo identitario della sua Ovodda.
Ho avuto la fortuna e il privilegio di conoscerlo. Soprattutto chi fa parte del mondo delle launeddas, sa bene cosa significhi trovarsi, in ogni occasione, a contatto con esponenti che con la loro musica rappresentano la comunità di appartenenza come veri ambasciatori di patrimoni inestimabili. Per i quali Peppe Cuga ha fatto la sua parte, e che parte!
Ricordo di lui un episodio particolare che ci ha visti insieme. Fu a Nuoro negli anni ’90 per la festa del Redentore, quando, a margine dei festeggiamenti ufficiali, ci ritrovammo con tanti amici, perfettamente decontestualizzati in una pausa pomeridiana, all’ombra dei maestosi lecci secolari del mitico Monte Ortobene. Suonammo tanto in quella occasione, che fu per me la scoperta, soprattutto fuori da ambiti formali, di quanto Peppe Cuga fosse un’espressione profonda della sua gente. Persino il suo respiro, nell’insufflare sullo strumento, pulsava del forte sentire dell’ambiente familiare e socioculturale di appartenenza, attraverso un suonare semplice e dolce, subito coinvolgente e dai ritmi inconfondibili.
Ovodda, tutto il mondo delle launeddas, da oggi sono orfani di un loro figlio, di un collega e di un amico che alla notizia della morte di Peppe si sono sentiti mancare, caduti in un vuoto profondo per una presenza nobile e attraente che non ci sarà più. Ci mancherà la persona del suonatore, così come l’“istituzione” Peppe Cuga, in una comunità che ha perso con le sue bidulas una delle voci più rappresentative.