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Avevano chiuso le proprie attività prima che il Dpcm firmato da Conte lo imponesse su tutto il territorio nazionale. Era il 9 marzo quando baristi e ristoratori di Mamoiada dichiaravano: "Quando si presenta un pericolo che minaccia la salute di tutta la comunità, bisogna mettere da parte i propri interessi personali ed agire per il bene comune". Un gesto di responsabilità che testimoniava il robusto spirito comunitario di un paese che attorno ai bar, alla gastronomia e alla ristorazione ha costruito un'importante fetta della propria economia, viste anche le eccellenze della produzione vitivinicola del territorio.
Oggi, alla luce di quanto accaduto e dopo attente valutazioni su quello che li aspetta, gli imprenditori hanno fatto ancora una volta squadra decidendo di non riaprire le attività, almeno per il momento. La metratura dei locali spesso rende difficile pensare di poter portare il pane a casa attenendosi alle norme. Il rischio di incorrere in pesanti sanzioni per una minima distrazione, poi, è davvero troppo per chi da due mesi non incassa un euro. Sia chiaro, la prevenzione dei contagi è un impegno che investe tutti, e loro per primi ne hanno dato dimostrazione. Ma lì dove il vino è condivisione e la cura per l'ospite ha qualcosa di sacrale è impensabile immaginare uno spazio totalmente asettico, dove i rapporti sono cancellati e non esiste il piacere di un caffè goduto in compagnia.
E così è arrivata l'amara decisione: "Oggi, noi i baristi di Mamoiada, tutti uniti come quando abbiamo deciso di chiudere anticipatamente rispetto alle leggi nazionali, abbiamo deciso di posticipare la riapertura dei locali fino a data da destinarsi".
"Purtroppo le restrizioni attuali non ci permettono di riaprire e fare un servizio dignitoso. Ci dispiace per tutti i nostri amici clienti e speriamo di potervi accogliere al più presto nei nostri locali".