Ricevere la chiamata che non si dimenticherà mai. Vivere l’assenza. Chiedersi “E se quella sera avesse fatto un altro percorso? E se fosse uscito dieci minuti in ritardo? E se fosse rimasto a casa?”. Pensare che se non avesse percorso quella strada sarebbe vivo. Questo è quel che vivono le famiglie delle vittime della strada. Rabbia, rimorso e dolore. 

Oggi vogliamo dedicare questa giornata a Vito Spartà attraverso la toccante lettera delle sorelle Caterina, Alessandra, Patrizia e Daniela. Le quattro donne hanno scavato nel dolore e nei ricordi per la sensibilizzazione alla sicurezza stradale. Una sensibilizzazione necessaria a fronte dei dati Istat del 2021 che espongono un drammatico bilancio: 151.875 incidenti stradali (+28,4% rispetto all’anno precedente); 2.875 vittime (+20%); 204.728 feriti (+28,6%).

Vito è morto a 32 anni a causa di uno scontro frontale. Alla guida del veicolo che ha invaso la sua corsia, un ragazzo risultato positivo all’alcol test. 

 

LA LETTERA 

 

Quando ci capita oggi, a distanza di sei anni, di dire a qualcuno che non ci conosce che abbiamo perso un fratello, nessuno di noi riesce a dire che è morto in un incidente stradale.  

Vivi la vita nella convinzione che certe cose capitino solo agli altri. Vivi di sogni, progetti, nella certezza assoluta del futuro. Fino a quella maledetta notte, che segna una demarcazione netta tra il prima e il dopo, tra la vita con lui e senza di lui. Quella notte non è morto solo Vito. Muore anche chi rimane.  

Vito era un ragazzo di 32 anni, esuberante, sensibile, pieno di sogni. Tutto questo gli è stato strappato.

 

Nella sera del 30 novembre 2016 è morto in uno scontro frontale sulla strada per Pittulongu.

Il responsabile dell’incidente risultò positivo all’alcol test e le perizie successive dimostrarono che l’auto viaggiava a velocità sostenuta, ben oltre i limiti consentiti. L’impatto fu violentissimo. I soccorsi impiegarono oltre due ore per estrarlo dalle lamiere. Durante tutto questo tempo lui era vigile, cosciente di quello che gli stava accadendo. È morto lentamente, non sul colpo, chiedendo aiuto e pregando di non morire.

Quello che rimane sono i ricordi indelebili di quella notte e dei giorni successivi vissuti in uno stato di trans, come se fosse tutto solo un incubo da cui risvegliarsi. 

Chi rimane vive il dolore della perdita, il senso di colpa, l’ingiustizia. 

 

Nel marzo 2016, grazie anche alla battaglia dell’Associazione Familiari e Vittime della Strada, è entrata in vigore la legge numero 41 che introduce il delitto di omicidio stradale; tale legge è stato un primo passo per cercare di garantire giustizia alle vittime della strada e ai loro familiari, punendo l’omicidio stradale con pene molto severe. Nel nostro caso non è stato così. Il responsabile ha patteggiato una pena assolutamente ridicola, nonostante l’aggravante della guida in stato di ebbrezza e dell’alta velocità. È troppo semplice dire che nostro fratello ha perso la vita in un incidente stradale. Non l’ha persa, lui che rispettava il codice della strada: la vita gli è stata strappata da qualcun altro che quel codice lo ha infranto. 

Guidare ubriachi è un crimine. Trasgredire le regole della strada è un crimine. Provocare la morte o lesioni a qualcun altro per questo è un crimine. Dovrebbe essere assicurato il diritto alla giustizia, ma purtroppo il nostro Paese in tal senso è ancora gravemente inadempiente. 

 

Lo stesso per quanto riguarda la prevenzione. La strage sulle strade continua.  Mentre si parla di coscienza, sensibilità, educazione, c’è chi usa la macchina con leggerezza, magari ubriaco, magari utilizzando dispositivi elettronici, dimenticando che la macchina può essere un'arma mortale. Per sé stessi, per gli altri. Vito non è morto per un incidente. È morto, con estrema sofferenza, a causa della condotta volontariamente irresponsabile e pericolosa di un altro che ha scelto di guidare, ad alta velocità e ubriaco.

Ma la cosa più grave è l’assoluta mancanza di empatia e di senso di responsabilità. Ed è questo che ci deve fare riflettere. Non è stato mai chiesto scusa per la vita che è stata spezzata e per il dolore che ne è derivato. È questa empatia? È questo senso di responsabilità civile? E allora bisognerebbe proprio lavorare a partire da questo. 

 

Occorre sensibilizzare al senso del rispetto dell’altro, al senso di responsabilità anche quando va contro il tornaconto individuale. La morte di Vito poteva essere evitata. La sua vita è stata tragicamente spezzata a causa della scelta irresponsabile, pericolosa, ma assolutamente volontaria di un altro. Ripeteremo all'infinito che si può scegliere come e in che condizioni guidare. Perché quello che è successo a noi non capiti ad altre famiglie. La scelta di mettersi al volante dopo aver bevuto, di schiacciare l’acceleratore, può costare la vita a sé stessi o ad altri. Bisogna agire su questo. 

Ricordiamo ma soprattutto agiamo per scuotere le coscienze. Perché gli assassini non siano i primi a essere convinti che sia stato solo e semplicemente “un incidente”.