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A closeup of a dimly lit prison holding cell door with arms reaching out in a clenched prayer position - 3D render
"L'affanno che si prova al solo pensiero di dover morire in galera non si può descrivere". Comincia così la lettera che un detenuto del carcere di Badu 'e Carros, a Nuoro, condannato all'ergastolo, ha inviato all'associazione Socialismo Diritti Riforme, che ne ha divulgato il testo.
"Sono stato arrestato la prima volta nel febbraio 1976, quando avevo 16 anni e da allora, a parte un paio d'anni in cui sono evaso dall'isola di Pianosa, sono sempre stato detenuto. E' vero che mi sono reso responsabile di varie evasioni, per lo più dei colpi di testa dovuti all'affanno di dover rientrare in carcere, ma dal 1987 in poi non ho mai commesso dei reati nel corso di questi benefici", scrive l'ergastolano.
"Ho 63 anni e ne ho fatti 47 di carcere. Con i giorni di liberazione anticipata arrivo a 56 anni scontati, vale a dire più del doppio di quanto preveda il codice penale affinché un condannato all'ergastolo possa chiedere la liberazione anticipata. Attualmente nel mio futuro vedo solo due strade possibili: chiedere la grazia presidenziale o farla finita una volta per tutte, perché sono veramente allo stremo delle forze", è l'amaro sfogo del detenuto.
"Parole di speranza ma anche di disperazione che non possono lasciare indifferenti - afferma Maria Grazia Caligaris di Socialismo Diritti Riforme -. Parole che fanno riflettere sulle condizioni di vita dentro una cella, sul peso della solitudine e di un'esistenza nata storta e su quanto il principio della riabilitazione sociale abbia necessità di strumenti più incisivi, soprattutto quando il percorso deviante inizia durante l'adolescenza. La perdita della libertà in condizioni di sofferenza può essere un peso insopportabile senza opportuni sostegni".