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Riaprire? Nemmeno per sogno, per cosa poi, per avere sempre tasse altissime? Riducendo anche il numero degli ingressi, contingentati? Su appuntamento? Lavorare totalmente “coperti” (certo, la sicurezza), ma a quale prezzo? Il prezzo più alto sono le tasse che ‘strozzano’ continuamente chi lavora, chi ha una partita iva e non importa se c’è o meno il Coronavirus a distruggere chi lavora da tanti anni con mille sacrifici.
Il senso del discorso riecheggia davvero ovunque, soprattutto per chi (dipendenti o meno a carico), ha dovuto tenere le serrande dei saloni sbarrate, per l’incubo Covid-19: riaprire (l’11 maggio? Il 18 maggio?), poco importa, se per riaprire al pubblico con tutte le disposizioni precauzionali, le tasse sono sempre altissime. Il gioco, come si suol dire, non ne vale la candela.
Tony Carboni, in un post sulla sua pagina social, è un fiume in piena. A 50 anni, conosciutissimo nell’ambiente dell’Hair Style, ha deciso di mollare dopo tanti anni di onorata carriera. Lo fa con estrema eleganza, non cedendo il passo ad un settore (come tanti altri), super – tassato.
Ecco cosa scrive: “Ciao a tutti, sono Tony Carboni, noto parrucchiere di Assemini, conosciuto in tutta l'isola anche per l'accademia di formazione per parrucchieri che porta il mio nome, collaboratore di aziende di cosmetica internazionali, formatore in tutta Italia e, comunque sia, lavoratore instancabile da più di trent'anni. Nella mia carriera, ho dato lavoro a decine di persone e ho formato centinaia di parrucchieri. Potrebbe non essere tanto, ma di sicuro non è poco.
Nella mia vita professionale ho fatto tanto per essere in una realtà economica come quella isolana e questo "tanto" e sempre stato frutto di grossi sacrifici: in termini di tempo, in termini di distanze, in termini economici e, non per ultimo, in termini di salute. Di fatti, lo stress accumulato nel tempo mi è risultato in un problema di salute, di quelli di tipo autoimmune, di quelli che alcuni chiamano Sclerosi Multipla.
Ma neanche questa mi ha mai fermato... o almeno, questo problema - un entità invalidante con il quale sono riuscito a convivere - non è riuscito a spezzare quella cosa che permette ad un essere umano di perseverare e proseguire nonostante le avversità: la determinazione.
E sì che ne ho passato: oneri e autorizzazioni di tutti i tipi e generi, di base miei diritti costituzionali, ottenuti con le unghie con Comuni, Regione, Stato, Fisco, Banche, Avvocati, Commercialisti, personale, autorizzazioni, controlli ripetuti (e talvolta assillanti) di vario genere.
Ebbene, tutto questo fino a qualche settimana fa, ovvero fino a che c'erano ancora quelle che allora si potevano chiamare - ma neanche a voce troppo alta - "condizioni che permettevano al lavoro di essere svolto", magari a regola d’arte come è sempre stato mio solito fare.
Quest'anno, a giugno, compirò i miei primi 50 anni. Lo stesso giorno che mi vedrà raggiungere il mezzo secolo di età, mi vedrà festeggiare anche i miei vent'anni di attività nel mio salone (uno fra i tanti dove ho lavorato) e, un mese dopo, sarò ufficialmente in attività professionale da trent'anni.
Tutta questa premessa per scrivervi che alla mia carriera di successo metterò fine, di mia spontanea volontà (e non certo per insuccesso) proprio oggi.
I miei servigi, come consulente d'immagine specializzato (ho studiato con i più affermati e conosciuti professionisti del settore) parrucchiere unisex, make up artist, docente e formatore regionale oltre che nazionale, terminano qui, arenati in questo marasma di sconforto dovuto alle innumerevoli incertezze, da una parte, ed alle nuove normative "sulla sicurezza" dall'altra, che non solo non promuovono il lavoro ma che sembrano create ad arte per impedirlo, alla faccia della nostra cara costituzione. Impedito da chi, poi?
Da chi non ha mai preso una spazzola o una forbice in mano, da chi non si è mai dovuto svegliare alle tre del mattino per acquistare le proprie merci, da chi non ha mai dovuto gestire clienti o personale, da chi non ha mai vissuto l'angosciosa situazione di non avere soldi a sufficienza per pagare tasse, accise o tributi vari, da chi vive in uno stato mentale opprimente chiamato cartella esattoriale, da chi, insomma, non ha mai dovuto gestire un'attività commerciale o artigianale.
Lavorare bardati di mascherina, guanti, kimono (in estate poi!), detergenti, sanificazioni continue da registrare continuamente, lavorare solo per appuntamento (e quelli che l'appuntamento non lo rispettano?), limitando il numero di ingressi e di servizi per motivi "di sicurezza" pur tuttavia mantenendoci in un clima fiscale opprimente come quello italiano, pur non concedendoci tregua sui nostri obblighi in alcun modo, pur mantenendo una macchina burocratica che definire aberrata è adoperare solo l'ennesimo eufemismo.
Mi rifiuto di lavorare in questo modo e ho deciso di abbandonare tutto. Perciò, dalla condizione in cui mi trovo ora, e mi sento alla grande, sarò "solo" l'ennesima attività che chiude qui in Italia, ma, per lo meno, non sarà stata per incapacità legata al mio operato. Io ce lo messa tutta. I sogni, o ciò che rimaneva di questi da che ho iniziato la mia carriera, sono infranti. È disgustoso lavorare in queste condizioni e con questo non mi dilungherò oltre.
Io riprendo a lavorare solo se mi si rispetta anzitutto come essere umano, poi come possessore di partita iva, poi come padre, dal momento che non esisto senza le responsabilità che mi sono assunto come individuo. Un carissimo saluto a voi e a tutti coloro che leggeranno queste righe ed alle quali potrò dire tutto, tranne che: "W l'Italia".