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“Rosa galana, immaculatu viore, decheotto sos annos de tristu dolore. Ghira e leannolu custu dolu mannu. No appat prus pasu chie at fattu su dannu”. Nel necrologio firmato dagli amici di Luisa Manfredi, che la ricordano a 18 anni dalla sua scomparsa, c’è tutta la rabbia per un destino amaro e inaccettabile, il rimpianto per un’assenza incolmabile, il dolore di una ferita che non si può rimarginare.
Erano passate le 18 del 25 novembre 2003 quando Lula, paese del Nuorese alle pendici del Montalbo, ripiombò nel terrore. Luisa Manfredi, 14anni, figlia primogenita dell’ex bandito Matteo Boe, fu centrata da una fucilata esplosa da un killer mentre era affacciata al balcone di casa all'imbrunire. Un pallettone nella tempia. Tanto bastò ad arrestare un’adolescenza innocente che fioriva di sogni. Un agguato in piena regola, uno dei delitti più barbari che la Sardegna ricordi negli ultimi decenni.
A raccontare l’accaduto, alcuni anni più tardi, la stessa madre della vittima, Laura Manfredi, in un libro dal titolo L’inconveniente. “Luisa esce sul balcone di casa dove c'è una scarpiera. Deve mettere le scarpe per recarsi al corso di ballo sardo. Di fronte a lei, oltre la strada illuminata, il nulla. Non c'è vegetazione, se non qualche cespuglio... quello di rosa canina, il più vicino a casa, nasconde una persona, o forse due. Spara. Un unico colpo di fucile a pallettoni. Luisa cade”. In casa, in quel momento, c'è solo la sorellina di Luisa che ha appena dieci anni. “Non dà peso a quello sparo, scambiandolo per il colpo di un petardo. Solo mezz'ora dopo si accorgerà di Luisa, e mi telefonerà piangendo per dirmi che è caduta e si è fatta male”. Laura, sconvolta, lascia il posto di lavoro e corre a casa. “Trovo Luisa sul balcone, sdraiata, supina e composta. Con gli occhi socchiusi e un po' di sangue sulla fronte, ma nulla che mi faccia pensare di averla persa per sempre. Il suo viso sembra sereno”.
È l’inizio di un incubo, la corsa disperata all’ospedale San Francesco di Nuoro è inutile, la giovane morirà poco più tardi. La ragazzina non riprenderà mai conoscenza morendo sotto i ferri dei medici che tentano forsennatamente di salvarla.
SOSPETTI E VELENI. Il paese di Lula, a cavallo fra gli anni ’90 e i primi Duemila, visse anni terribilmente complicati. Per un decennio la comunità non poté eleggere un sindaco, poiché nessuno ebbe l’ardire di sfidare il clima di forte tensione sociale candidandosi per il rinnovo dell’amministrazione comunale. Una nuova stagione di democrazia, ma non di serenità, fu inaugurata nel 2002 dall’elezione della prima cittadina Maddalena Calia, esponente di Forza Italia, che il 25 novembre 2003 era in carica da poco più di un anno. Il paese era diviso in fazioni, turbato da un susseguirsi di lettere anonime, intimidazioni e sospetti. Un periodo di instabilità che culminò con l’attentato di piazzale Loreto, dove nel gennaio del 2003 una camionetta dei carabinieri fu fatta oggetto di un folle tiro al bersaglio da parte di un commando armato di fucili e pistole.
L’omicidio di Luisa Manfredi, insomma, fu lo sconvolgente epilogo di una stagione fatta di odio e veleni. Un delitto che diede vita a sospetti e congetture. Nel corso delle indagini, coordinate dal comandante provinciale dell’Arma Salvatore Favarolo, ipotesi e ricostruzioni si sprecarono. Non solo il movente politico – Luisa Manfredi non aveva mai fatto segreto delle sue simpatie per la sinistra estrema entrando in contrasto con alcuni esponenti politici del paese – ma anche quello passionale.
Un giovane di Lula venne sospettato di aver opposto la cieca violenza a un secco rifiuto di Luisa, della quale si sarebbe invaghito. Durò poco. Un assessore comunale, poi assolto per non aver commesso il fatto, venne iscritto nel registro degli indagati e finì addirittura a processo con l’accusa di essere coinvolto nell’assassinio. Fra le ipotesi più accreditate dagli inquirenti anche quella dello scambio di persona. Luisa, infatti, era molto simile alla madre Laura, la quale sarebbe stata il vero obiettivo dei responsabili che nelle ombre del crepuscolo non avrebbero riconosciuto la 14enne. Nel 2009, a seguito di un ricorso in Cassazione contro l'archiviazione disposta dal gip di Nuoro, l'inchiesta venne riaperta. Il gip ordinò alla Procura nuovi accertamenti sul bossolo da cui partì la fucilata, per cercare tracce organiche utili a risalire al Dna dell'assassino. Tutto vano. A distanza di circa vent’anni nessuno ha mai pagato per quel sangue versato.
MATTEO BOE. Una vita difficile e tormentata, quella di Luisa Manfredi. Il padre Matteo Boe fu uno dei principali esponenti del banditismo sardo. Nato a Lula nel 1957, conobbe Laura Manfredi all’università di Bologna dove frequentavano entrambi la facoltà di Agraria. Dalla loro relazione nacquero tre bambini. Iniziata la carriera criminale, Boe fu arrestato e condannato a 16 anni per il sequestro di Sara Niccoli. Riuscì a fuggire dall'Asinara nel settembre del 1986, aiutato proprio dalla sua ex compagna Laura Manfredi che lo attendeva in mare a bordo di un gommone. Nel 1988 fu coinvolto nel sequestro dell'imprenditore romano Giulio De Angelis, rapito in Costa Smeralda e liberato dopo oltre quattro mesi di prigionia e in seguito al pagamento di un riscatto di 3 miliardi di lire. Il malvivente fu accusato anche del sequestro di Farouk Kassam. Il 13 ottobre 1992 venne arrestato dalla polizia francese a Porto Vecchio (in Corsica), dove stava trascorrendo qualche giorno assieme alla compagna e ai figli. Trasferito in carcere a Marsiglia, la magistratura italiana ne richiese l’estradizione. Processato in Italia per il sequestro Kassam, fu condannato nel 1996 a venti anni di carcere. Il 25 giugno 2017 è tornato in libertà.
UNU FRORE. Luisa Manfredi era nata in Francia, durante la latitanza di Matteo Boe. Laura Manfredi, che alcuni anni dopo il delitto ha lasciato l’Isola insieme agli altri due figli, ha voluto il trasferimento della salma di Luisa nel cimitero di Castelvetro di Modena (Emilia-Romagna), sua città natale. Nel 2004, gli Istentales di Gigi Sanna hanno presentato il brano Pro unu frore (Per un fiore), inciso in collaborazione col Coro Su Nugoresu di Tonino Puddu e dedicato alla vicenda di Luisa Manfredi.