Si è spento a 92 anni Tito Stagno, il giornalista di origini sarde che commentò lo sbarco sulla Luna. Volto fra i più popolari del giornalismo dei suoi tempi, fu anche telecronista sportivo e conduttore televisivo. Nato a Cagliari il 4 gennaio 1930, primo di otto fratelli, dopo aver trascorso l’infanzia in Sardegna si trasferisce giovanissimo con la famiglia a Parma, e successivamente a Pola, in Croazia, dove assiste alle brutalità della guerra. A 13 anni si cimenta in una brevissima esperienza da attore cinematografico, comparendo nel ruolo di Murena nel film Marinai senza stelle (1943), di Francesco De Robertis. Qualche anno più tardi ancora una comparsa sul grande schermo, sotto la regia di Dino Risi, al financo di Alberto Sordi nel film Il vedovo (1959), in una breve scena nella quale vestiva i panni di un giornalista televisivo. A 16 anni compie a Cagliari gli studi classici per poi iscriversi alla facoltà di Medicina. A soli 19 anni avvia la sua carriera da radiocronista, intervistatore e documentarista.

Nel 1954 lascia l’università per partire alla volta di Roma, dopo aver vinto il primo concorso nazionale per telecronisti e aver partecipato a un corso di specializzazione con Furio Colombo, Gianni Vattimo e Umberto Eco. Un anno più tardi è stabilmente nella redazione del primo telegiornale diretto d Vittorio Veltroni, e nel 1956 effettua anche le sue prime telecronache in occasione dei Giochi olimpici di Cortina d’Ampezzo: queste daranno il via ad una prestigiosa carriera da commentatore sportivo, culminata nei Giochi Olimpici di Roma 1960. Diventa cronista delle visite dei Capi di Stato in Italia, comprese quelle dei reali di Inghilterra e del presidente americano John Fitzgerald Kennedy. È inoltre inviato al seguito di due papi (Giovanni XXIII e Paolo VI) e di due presidenti della Repubblica (Antonio Segni e Giuseppe Saragat).

UNA PASSIONE SPAZIALE. Nel 1957 si interessa al lancio dello Sputnik 1, primo stellite artificiale mandato in orbita dalla Terra. “Me ne occupai io e da allora quel settore in ascesa divenne un po’ il mio”, racconterà. Nel 1961 commenta in telecronaca il primo volo di Jurij Gagarin intorno alla Terra, prima missione con equipaggio umano svoltasi nel corso del programma sovietico di esplorazione spaziale Vostok. L’accuratezza e il fervore con cui raccontò quei momenti attirarono su di sé le attenzioni e l’interesse dei dirigenti Rai, che decisero di affidargli le trasmissioni in diretta e i servizi del telegiornale in occasione di tutti i lanci di sonde spaziali o astronavi pilotate. Nel 1966 venne inviato, alla vigilia del Programma Apollo, negli Stati Uniti per un viaggio di studio e aggiornamento, dove poté recarsi alla sede della Nasa, a Huston.

Qui ebbe modo di venire a contatto diretto col mondo spaziale e di vedere coi suoi occhi le stesse macchine che avrebbero portato l’uomo a compiere imprese epocali. È nel 1969 che il suo nome entra di diritto nella storia, quando commenta in diretta lo sbarco dell’uomo sulla Luna: “Ha toccato! Ha toccato in questo momento il suolo lunare”, sono le parole destinate a entrare negli annali, recitate mentre dalle cuffie in cui sentiva il dialogo tra gli astronauti e la centrale di Houston, ascoltò i tecnici Nasa dire 'Reached Land'. In quelle oltre 25 ore di trasmissione può essere racchiusa una vita intera: la vita di un uomo che con passione e competenza coinvolse milioni di italiani, sintonizzati davanti a radio e teleschermi. “Una stagione di entusiasmi, di coraggio, di desiderio di conoscenza che si rivelò poi troppo breve”, commenterà nostalgico. 

LA STAGIONE SPORTIVA. Il suo nome è inevitabilmente legato anche al mondo sportivo. Per 17 anni è stato responsabile del settore Sport di Rai Uno. Ha curato la trasmissione La Domenica Sportiva, della quale è stato anche conduttore dal 1979 al 1981 e nella stagione 1985-1986. “Era un entusiasta che amava trasmettere le proprie emozioni: e allo stesso tempo un grande cultore e divulgatore dell'estetica televisiva (da curatore della Domenica Sportiva aveva chiesto a Beppe Viola di... sudare meno e a me di tagliare, o perlomeno di sfoltire i baffi). Piccole manie a parte, prediligeva (e praticava) l'eleganza e la dizione perfetta: non per nulla era stato anche attore. Aveva fatto anche parte della piccola, storica pattuglia di telecronisti che avevano raccontato le Olimpiadi di Cortina del 1956 e di Roma del 1960. È stato indubbiamente uno dei padri della televisione italiana. Era molto orgoglioso della sua origine sarda. In cielo c'è un asteroide che porta il suo nome”. Così lo ricorda Marino Bartoletti, noto volto del giornalismo sportivo. 

SARDEGNA. Il suo legame con la Sardegna, nonostante gli eventi lo abbiano portato lontano dall’Isola, è sempre stato integro e sincero. Tra le numerose telecronache dirette e inchieste filmate non mancarono infatti anche quelle sulla sua terra. È a Radio Sardegna che ebbe inizio la sua carriera: “Era rimasta senza annunciatori maschili – raccontò – e il direttore si ricordò di quel ragazzo che aveva presentato uno spettacolo di studenti universitari al Teatro Massimo di Cagliari”. Venne rintracciato tramite suo padre, direttore di un assessorato della Regione Sardegna e, immediatamente, messo a legger le notizie del Gazzettino Sardo. Negli anni a venire non avrebbe mai scordato quel legame con l’Isola, portandolo con sé orgogliosamente. “Per la Sardegna ho fatto l'unica rissa della mia vita [...]. Ero al cinema, appena tornato dalla Giordania dove avevo intervistato il re, e prima del film trasmettevano un filmato sulla Sardegna. Eravamo rappresentati malissimo: in un matrimonio di paese lo sposo era strabico, la moglie bruttissima. Tanto che un romano al mio fianco dice: anvedi questi selvaggi. Io lo insulto e poi volano le botte. Arriva anche la polizia. E meno male che uno dei poliziotti era sardo. Mi ha detto: vada via, vada via”.