E' una storia per lunghi tratti romantica quella di Graziano Mesina. La primula rossa della Barbagia, latitante fra i più famosi del dopoguerra italiano. Più che un bandito “il” bandito per raccontare le cui vicende migliaia e migliaia di pagine di quotidiani e libri sono state bagnate di inchiostro.

IL PRIMO ARRESTO. Penultimo degli undici figli di Pasquale, pastore di Orgosolo, e Caterina Pinna, Gratzianeddu, questo il nome “di battaglia”, venne arrestato per la prima volta nel 1956 all'età di 14 anni per porto d'armi abusivo essendo stato trovato in possesso di un fucile calibro 16 rubato. Nel maggio del 1960 venne arrestato nuovamente per aver sparato a un lampione dell’illuminazione pubblica. Riuscì ad evadere dalla camera di sicurezza in cui venne rinchiuso forzando la porta e dandosi a una breve latitanza sulle montagne intorno ad Orgosolo. Si costituì presto, su pressione della famiglia e del suo avvocato. La condanna fu di sei mesi di reclusione nel carcere di Nuoro per l'evasione e un mese per il possesso della pistola.

IL DELITTO DI PIETRINO CRASTA. Nel luglio di quello stesso anno venne rapito e assassinato il commerciante di Berchidda Pietrino Crasta. Una lettera anonima alla questura indicò in un terreno in località Lenardeddu, a Orgosolo, il luogo dove si sarebbe potuto ritrovarne il cadavere. E in effetti in quel terreno, dove i fratelli di Graziano Mesina portavano al pascolo le pecore, venne ritrovato il corpo di Crasta. Giovanni, Pietro e Nicola Mesina vennero arrestati con l’accusa di essere gli assassini del commerciante. Un quarto fratello, Antonio, si diede alla macchia raccogliendo elementi utili a scagionare gli arrestati.

Nel gennaio del 1961 Graziano Mesina venne scarcerato. Il 24 dicembre dello stesso anno, in un bar di Orgosolo, il pastore Luigi Mereu, zio di uno degli accusatori, venne ferito gravemente da alcuni colpi di pistola. Per il fatto venne accusato e arrestato Graziano Mesina che si proclamò innocente ma venne condannato a sedici anni di carcere.

Nel luglio del 1962 i fratelli Giovanni, Nicola e Pietro Mesina vennero prosciolti, dopo due anni di carcere preventivo.

LE EVASIONI. Durante il trasferimento da Nuoro al tribunale di Sassari per un’udienza riuscì a liberarsi dalle manette e, alla stazione di Macomer, saltò dal treno scappando ma fu catturato poco dopo da alcuni ferrovieri.

Il 6 settembre riuscì ad evadere dopo essersi fatto ricoverare nell'ospedale San Francesco di Nuoro scavalcando il davanzale di una finestra e calandosi lungo un tubo dell'acqua nel quale rimase nascosto per tre giorni.  La latitanza durò tre mesi. Alla fine di ottobre il fratello Giovanni venne ucciso e Mesina, per vendicarlo, la notte del 13 novembre 1962 entrò in un bar e, secondo quanto dichiarato dall'avvocato, sparò ed uccise a colpi di mitra Andrea Muscau che avrebbe ritenuto responsabile della morte del fratello ma che in realtà non lo era.

Nuovamente arrestato e condannato per omicidio a 24 anni di carcere, nel gennaio del 1963 tentò l'evasione dal carcere di Nuoro, ma venne scoperto. Dopo un periodo nel carcere di Alghero, venne trasferito a Porto Azzurro. Nell'estate del 1964 Mesina era diretto in Sardegna per un processo quando tentò la fuga da una toilette del treno in corsa venendo catturato poco dopo.

Trasferito a Volterra si finse pazzo e riuscì ad essere ricoverato nel manicomio criminale di Montelupo Fiorentino. Anche qui progettò invano la fuga. Alla fine del 1964 passò al carcere di Viterbo, tentò nuovamente di evadere e venne trasferito a Spoleto. Anche a Spoleto tentò la fuga, ma venne scoperto. Nel 1965 rimase per tre mesi nel penitenziario di Procida prima tornare a Porto Azzurro. Trasferito a Sassari per un processo, tentò di aprire un buco nel pavimento del treno, ma non riuscì a fuggire.

LA STAGIONE DEI SEQUESTRI. L'11 settembre del 1966, mentre scontava la detenzione nel carcere San Sebastiano di Sassari portò a compimento la sua evasione più celebre. Insieme al compagno di prigionia Miguel Atienza, giovane spagnolo disertore della Legione Straniera, riuscì a fuggire scalando il muro del carcere alto 7 metri e gettandosi sotto nella centrale via Roma.

Era l’inizio della stagione dei sequestri. Alla banda di Mesina vengono ricondotti i sequestri del proprietario terriero Paolo Mossa a Golfo Aranci, del commerciante di carni Peppino Capelli a Nuoro e ancora quelli di Campus, Petretto, Moralis, Canetto, Papandre

Il 17 giugno 1967 Mesina e Atienza vennero intercettati dai "baschi blu" che li circondarono nelle colline di Osposidda, sotto Orgosolo. Durante lo scontro Atienza uccise due agenti per poi essere ferito a morte.

L'ARRESTO. Il 26 marzo 1968 Mesina venne catturato in seguito ad un normale controllo dalla polizia stradale alle porte di Orgosolo. Rinchiuso nel carcere di Badu ‘e Carros, da questo momento iniziò per lui un lungo periodo di detenzione in diverse carceri italiane. Prima Volterra, poi Regina Coeli.

Il 13 maggio 1976 il fratello Nicola fu ucciso e il 20 agosto dello stesso anno Graziano riuscì a fuggire insieme ad un gruppo di detenuti dal carcere di massima sicurezza di Lecce. Trascorse la latitanza fra Roma, Milano, Torino, Genova, Bologna, Trento. Il 26 gennaio del 1977 partecipò al sequestro dell'industriale calzaturiero Mario Botticelli, in provincia di Ascoli Piceno. Il 16 marzo 1977 venne arrestato in provincia di Trento, durante una perquisizione in un appartamento.

Nel 1984 ottenne un permesso di tre giorni, per tre ore al giorno per rivedere la madre ad Orgosolo. Il 12 aprile ottenne un permesso di dodici ore per far visita al fratello nel Vercellese. Allo scadere delle dodici ore non fece ritorno nel carcere di Vercelli. Raggiunse a Milano una ragazza che aveva incominciato a scrivergli in carcere e con lei si rifugiò in un appartamento di Vigevano. Il 18 aprile i carabinieri fecero irruzione nell'appartamento arrestandolo.

IL CASO KASSAM. Il 18 ottobre 1992 ottenne la libertà condizionale, e dopo 29 anni di carcere si stabilì a San Marzanotto, una frazione di Asti. Nel 1992, durante la vicenda del sequestro del piccolo Farouk Kassam, Graziano Mesina intervenne in Sardegna durante uno dei suoi permessi come mediatore, nel tentativo di trattare la liberazione con il gruppo di banditi sardi responsabili del sequestro del piccolo rapito a Porto Cervo il 15 gennaio e liberato a luglio.

Il 4 agosto 1993 il tribunale di sorveglianza gli revocò la concessione della libertà condizionale dopo il ritrovamento di un Kalašnikov e altre armi da guerra nel caseggiato astigiano di Mesina. In relazione a questi nuovi procedimenti giudiziari, Mesina ha sempre sostenuto la tesi del complotto contro di lui da parte dei servizi segreti.

LA GRAZIA E I NUOVI GUAI. Nel 2003 chiese ufficialmente la grazia che gli venne concessa dal Presidente della Repubblica Ciampi e dal Ministro della giustizia Roberto Castelli nel 2004.

Dopo la liberazione Mesina è tornato dove ha intrapreso la carriera di guida turistica accompagnando i visitatori sul Supramonte. Nel corso della sua vita numerosi personaggi pubblici si sono interessati alla sua vicenda da Gian Giacomo Feltrinelli a Indro Montanelli fino a Francesco Cossiga che si dichiarava suo amico.

Il 10 giugno 2013, a 71 anni è stato nuovamente arrestato per traffico di droga. Secondo gli inquirenti era a capo di una banda che progettava un sequestro di persona. La Dda di Cagliari lo ha ritenuto essere il boss di una potente organizzazione dedita a traffico di stupefacenti, furti e rapine. Il 12 dicembre 2016 viene condannato a 30 anni di reclusione dal tribunale di Cagliari, che dispone anche la revoca del provvedimento di grazia. Oggi, 7 giugno, la scarcerazione per decorrenza dei termini.