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Dieci anni fa il disastro dell'alluvione a Capoterra, con quattro morti. Dieci anni dopo, sempre nel Cagliaritano, ma ad Assemini, un'altra vittima. Più un disperso nel Sarrabus. E milioni di danni. Storie che si ripetono. E la domanda è inevitabile. Cosa bisogna fare perché non succeda più? Hanno provato a dare una risposta a Cagliari amministratori, ingegneri ed esperti nel corso del convegno "22 ottobre 2008/22 ottobre 2018: 10 anni dall'alluvione di Capoterra. Il rischio idrogeologico in Sardegna: passato, presente e futuro", promosso dalla commissione idraulica dell'ordine degli ingegneri della provincia di Cagliari.
Si è tirata in ballo, nel titolo di un intervento, persino l'arca di Noè. L'appuntamento era stato già fissato da tempo, prima degli ultimi drammatici avvenimenti. "Bisogna cambiare punto di vista - ha detto Gianfranco Becciu, docente costruzioni idrauliche del politecnico di Milano - dobbiamo ricominciare a pensare che la giusta strategia non sia quella degli interventi singoli come nel passato. Non sono inutili, certo. Ma bisogna intervenire altri due concetti: vulnerabilità del territorio ed esposizione delle persone ai rischi. Come? Attraverso sistemi di preallarme e organizzazione delle singole persone preparate a gestire eventi che non devono essere più visti come eccezionali".
La strada è anche quella di riparare i danni fatti dall'uomo: "Importante cercare di recuperare le caratteristiche dei territori - spiega ancora il docente - prima dell'urbanizzazione. Fondamentale la riforestazione e la realizzazione di strutture e infrastrutture resistenti: bisogna entrare nell'ordine di idee che le alluvioni ci sono e occorre tenerne conto così come accade normalmente per altri tipi di prevenzione. Possiamo fare tanto". Presenti ai lavori, tra gli altri, l'assessore dei Lavori pubblici Edoardo Balzarini e il sindaco di Capoterra Francesco Dessì. "Che cosa ha funzionato nell'ultima alluvione? Bene la rete emergenza e la rete di assistenza della protezione civile con un ottimo livello di efficienza - ha detto Sandro Catta, presidente dell'Ordine degli ingegneri della provincia di Cagliari - -Cresce anche l'avvedutezza dei cittadini.
Non ha funzionato però la burocrazia: molto è stato fatto in termini anche di stanziamenti. Il problema è arrivare alla fine di lavori e opere: prima di arrivare al collaudo ci vogliono ancora tempi biblici". Le responsabilità? "La mia preoccupazione è che poi alla fine su dieci avvisi di garanzia - ha commentato con amarezza - otto riguardano i tecnici. Ma non esiste solo l'eventuale responsabilità del tecnico, esiste anche una responsabilità collettiva per situazioni che si sono sovrapposte per decenni".
Dagli esperti l'invito a completare urgentemente gli interventi del Rio San Girolamo e Santa Lucia a Capoterra. "I tempi degli interventi sono sempre troppo lunghi rispetto alle esigenze - ha detto l'ing. Fabrizio Porcedda, referente commissione idraulica dell'Ordine - il primo lotto del rio San Girolamo è stato ultimato solo quest'anno, a dieci anni dall'evento del 2008. Questo è significativo. Le leggi e le problematiche sono tante: per superare queste emergenze occorrono corsie forse più brevi".