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“Non può fare la madre perché vive a Baressa, perché è laureata e può tranquillamente trovare lavoro, gli portano via la bambina perché non vuole vivere a Viterbo. Lo scrive senza mezzi termini il giudice laziale che ha reso noto poche ore fa l’ennesimo ultimatum alla mamma di Baressa. Se entro dieci giorni non consegnerà la figlia di due anni e mezzo ai servizi sociali perché la cedano al padre interverrà la forza pubblica per sottrargliela con la forza”.
Lo dice a chiare lettere il leader di Unidos, Mauro Pili: “Quello che sta accadendo nel piccolo comune di Baressa, 600 anime nel cuore della Marmilla, è un fatto di una gravità inaudita. Ora dopo ora quel provvedimento del giudice rischia di trasformarsi in un dramma irreparabile per una povera creatura che verrebbe strappata alla madre solo perché vive a casa dei genitori nel piccolo centro nel cuore della Sardegna”.
E’ una storia che non trova nessuna giustificazione se non nella discriminazione di una giovane madre sarda che ha deciso dopo una separazione conflittuale di tornare a vivere insieme alla sua piccola dai propri genitori, nella comunità dove è cresciuta. Scelta obbligata perché dopo la separazione si è trovata senza lavoro, senza casa, con un sostentamento di 150 euro al mese. Tutto questo l’ha messa davanti ad un bivio: vivere sotto un ponte o tornare nella sua terra natale per riorganizzare la sua vita. E il ricatto è latente: la figlia, dopo il rifiuto della madre di restare a Viterbo, viene di fatto affidata al padre e la madre, se vuole continuare a vederla, deve trasferirsi a Viterbo o al massimo nel raggio di30 km. Lo scrive espressamente il giudice nel provvedimento scandalo: “la residenza della piccola in Sardegna ostacola significativamente il suo accesso al padre ledendo in maniera irrimediabile il suo diritto alla figura paterna”. La decisione della madre di ritornare dai suoi genitori a Baressa non viene vista dal giudice come una scelta di necessità e obbligata, qual è, ma come un tentativo di allontanare la figlia dal padre. Nei provvedimenti si legge: la madre è giovane, è laureata e può trovare facilmente lavoro. E per ricollocarsi a Viterbo disporrebbe di 2.000 euro una tantum, ridicola elargizione del padre della bambina! Siamo dinanzi ad una storia paradossale dove si sta consumando una discriminazione verso una giovane donna, una madre, una sarda”.
La denuncia arriva dal leader di Unidos Mauro Pili che sta seguendo da vicino la storia della giovane madre di Baressa. Pili ha rivolto anche un appello al Tribunale dei Minori di Cagliari perché blocchi questa decisione che lede gravemente la vita della bambina. Nei giorni scorsi il paese si era stretto attorno alla famiglia impedendo di fatto che la piccola venisse portata via con la forza.
“E’ gravissimo che i servizi sociali di Baressa siano stati segnalati alla procura solo per aver avvisato la madre dell’ordine ricevuto e che ha visto l’intero paese riversarsi in strada per fermare un atto così grave. Ed ora il rischio è che si tenti un blitz prelevando la bambina all’insaputa della stessa madre. L’obbligo impartito ai servizi sociali è di andare due volte al giorno per dieci giorni a casa della madre e intimargli la consegna della bambina. Dopo si agirà con la forza pubblica. Ultimatum che scadrà il 4 giugno prossimo. Il tribunale dei minorenni deve intervenire prima che la situazione diventi insanabile e assuma contorni ancor più drammatici. Fermate una discriminazione gravissima nei confronti di una giovane madre sarda colpevole di non avere lavoro e di vivere nel suo piccolo paese di Baressa. Si mobilitino le istituzioni e coloro che possono evitare questo ignobile distacco tra la madre e la figlia. Si creino le condizioni perché il padre possa esercitare in Sardegna la sua genitorialità. Strappare la figlia ad una madre disoccupata con la sola colpa di vivere in Sardegna sarebbe – conclude Pili - un gesto grave e inaccettabile”.