Una bimba di cinque anni impossibilitata a frequentare la scuola materna a causa di una bronchite asmatica che, ciclicamente, le dà qualche noia. In paese manca il pediatra, un’assenza che in tempi di Covid impedisce alla piccola di rientrare nella struttura che accoglie i bimbi del paese della Barbagia.

Ma la madre, dopo giorni di attesa, ha capito di non poter più tacere, facendosi portavoce di un disagio che riguarda la sua comunità e un intero territorio. “Siamo allo sbando – racconta la donna –. La bimba è a casa da due settimane perché non può fare il tampone. Nessuno può certificare che i sintomi della bronchite asmatica di cui soffre da quando è nata non siano associabili al coronavirus. E questo è un problema che riguarda tante famiglie dei nostri paesi. Siamo tutti sulla stessa barca. Da gennaio a Meana manca il pediatra. Un’assenza che ha creato disagi analoghi anche negli altri centri del territorio Aritzo, Desulo, Belvì, Gadoni. I medici di famiglia forniscono un validissimo supporto, ma nel curare dei bambini non possono sostituire i pediatri. Abbiamo più volte chiesto che il prezioso servizio venisse ripristinato e ci è stato risposto che mancano gli specialisti. Potremmo far seguire i nostri bambini a Fonni o Gavoi, dicono. Ma per le condizioni in cui versa la viabilità stradale del nostro territorio faremmo prima a raggiungere Oristano”.

La denuncia della donna ha richiamato l’attenzione del Consiglio regionale. Ma per ora nessuna risposta concreta all’orizzonte. “L’esperienza che stiamo vivendo – racconta ancora la mamma di Meana –, ci ha fatto capire come non ci siano linea guida chiare o certezza nel gestire le cose. Chiediamo che si trovi una soluzione quanto prima. I bambini, soprattutto quelli che frequentano le scuole materne, si ammalano facilmente. I sintomi sono sempre i soliti: mal di gola, tosse. Davvero dovremmo continuamente sottoporli al tampone? Se le condizioni sono queste sarà meglio ritirarli e tenerli a casa. E cosa rimarrà nei nostri paesi?”.

Una storia come tante, che fotografa la difficoltà di vivere il centro Sardegna. “Le istituzioni devono darci un motivo per continuare a vivere qui – sostiene la donna, esasperata da settimane di attesa –. Dopo aver avuto la bimba, ci accorgiamo sempre più di quanto sia difficile vivere in Sardegna. I ricordi rischiano di essere l’unica cosa che ci lega alle nostre comunità. Altro non c’è. Se ci tolgono il diritto alla salute, se tolgono il dirotto alla salute dei nostri figli, perché restare qui?”.

“Se i nostri territori stanno morendo – afferma ancora – non è certo colpa del Covid. E’ colpa di un sistema impallato e della logica dello scaricabarile. Ognuno dovrebbe prendersi le sue responsabilità per aiutare i cittadini. Chi tace acconsente, non possiamo più tacere. Si trovi una soluzione per aiutare i più piccoli a vivere serenamente. Non ci sono pediatri? Bene: deleghino anche temporaneamente il medico di famiglia o le Asl territoriali. Siamo abbastanza angosciati e i bambini, per quanto pochi, sono il futuro dei nostri paesi. Proprio perché pochi, le istituzioni non li abbandonino: curiamoli e tuteliamoli”.