PHOTO
Anche i lavoratori di Mediaworld di Sestu e Sassari partecipano allo sciopero di otto ore per turno proclamato sabato dalle categorie nazionali Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs per contrastare le decisioni di Mediamarket, la società che controlla i negozi del marchio e ha annunciato esuberi, trasferimenti e chiusure di negozi. “Si tratta di una situazione inaccettabile che mette a rischio, in prospettiva, anche il futuro dei circa cento posti di lavoro in Sardegna” – ha detto la segretaria regionale Filcams Simona Fanzecco sottolineando che “occorre dare un segnale forte e compatto che spinga l’azienda a ritirare le decisioni annunciate e riportare le relazioni sindacali a un confronto costruttivo con l’obiettivo di salvaguardare l’occupazione e migliorare le condizioni di lavoro di tutti”. Non a caso, i sindacati annunciano che la mobilitazione di sabato – che verrà supportata da due presidi davanti ai negozi di Sestu e Sassari dalle 10 alle 12 - proseguirà se non dovessero arrivare segnali distensivi da parte dell’azienda.
L'INCUBO CHIUSURE. Mediamarket ha già annunciato la chiusura dei punti vendita di Grosseto e Milano Stazione Centrale dal 31 marzo, la risoluzione definitiva del contratto di solidarietà dal 30 aprile con conseguenti esuberi, la riduzione dal 30 al 90 per cento della maggiorazione per il lavoro domenicale. Secondo le organizzazioni sindacali le decisioni di Mediamarket non risolverebbero il problema del bilancio consuntivo in perdita di 17 milioni ma comporterebbero solo condizioni peggiorative delle condizioni di lavoro. Davanti alla richiesta avanzata da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs della lista dei punti vendita in perdita al fine di avere chiarezza sulle future possibili criticità, l’azienda si è categoricamente rifiutata di fornire informazioni, tentando inoltre di negare la gestione collettiva della vertenza per arrivare a trattative individuali con singoli lavoratori e in singoli punti vendita. “Un atteggiamento – ha spiegato Simona Fanzecco - che denota la volontà di negare il dialogo costruttivo proposto dai sindacati e di procedere, invece, tagliando i costi e ricattando i lavoratori con inaccettabili trasferimenti”.