“Noi riteniamo, nei fatti, che si possa creare un 'modello sardo' di accoglienza che preveda pochi numeri e diffusi nel territorio anche rispettando i parametri dettati dalle norme nazionali secondo un principio di 'vasi comunicanti' fra prima e seconda accoglienza ovvero fra lo sbarco e la concessione dei diritti di asilo. 

Durante pubbliche assemblee, dibattiti, incontri nelle parrocchie, prese di posizione sui media stiamo sostenendo queste posizioni che non sono né popolari né "comode"; abbiamo proposto una politica dell'ascolto, di accompagnamento delle amministrazioni e delle comunità per la gestione di un fenomeno difficile e inedito come quello migratorio. Combattiamo con forza contro gli "scivolamenti" di chiusura, di isolazionismo che talvolta - e sempre più spesso - si trasformano in istinti razzistici e segregazionisti”.

È uno stralcio della lettera congiunta scritta dai presidenti di Anci Sardegna, Emiliano Deiana, e del Cal, Andrea Soddu, e dal sindaco della città metropolitana di Cagliari, Massimo Zedda, indirizzata al presidente della Regione Francesco Pigliaru e all'assessore agli Affari generali Filippo Spanu.

“La frase che ci viene rivolta sempre – si legge nella lettera - durante le assemblee anche da chi, evidentemente, non ha sentimenti di avversione per i migranti è la seguente: "va bene l'accoglienza. Va bene l'integrazione di questi nuovi poveri, ma ai nostri ragazzi, ai nostri figli chi ci pensa?". Ed è difficile non solo dare una risposta, ma anche spiegare (e spiegarsi) il senso vero e profondo del dovere dell'accoglienza. Noi, Presidente e Assessore, vi chiediamo un impegno vero, concreto e misurabile per evitare ciò che di più drammatico possiamo alimentare anche in maniera inconsapevole: la guerra fra poveri. Fra chi è povero e sfugge da fame e guerre e chi è povero qui perché non ha opportunità di vita, di relazione, di lavoro”.

Inoltre, dopo la conferenza Regione-Enti locali di lunedì scorso, è stato affrontato anche il tema riguardante l'ipotesi di attivare un centro di permanenza per il rimpatrio dei migranti nell'ex carcere di Iglesias.

“In Conferenza abbiamo ribadito che i CPR si innestano, per quanto riguarda la Sardegna, in un quadro complicato sul quale pesano come macigni vecchie e nuove servitù sulle quali vi preghiamo di spiegare per bene al Ministro e al Governo l'incidenza sulla Sardegna: servitù militari, servitù "ambientali", servitù carceriarie ecc..  Il CPR in via di definizione si innesterebbe in un quadro già pesantissimo per la Sardegna e sarebbe un appesantimento ulteriore che vi chiediamo, insieme al Governo, di valutare in termini critici così come vi preghiamo di valutare attentamente il messaggio negativo che si lancerebbe alla pubblica opinione (che soffre di una realtà difficile come quella descritta e di un'attività incessante di propaganda anti-migranti) nell'utilizzo di beni dismessi dallo Stato e che non sono mai tornati a servizio delle comunità nelle quali sono sorti. Il ragionamento dell'uomo comune è semplice: "oggi ci dicono che ci sarà un CPR da 100 posti: ma chi dice che a una nuova emergenza non ne facciano un altro? O che i posti passino da 100 a 500?" e visti i "precedenti" per la Sardegna un ragionamento così logico non appare essere fuori dalle cose possibili. Noi chiediamo allo Stato di fare lo Stato; al Governo di fare il Governo. Se il problema della Sardegna sono gli sbarchi diretti dall'Algeria si blocchino quegli sbarchi in un confronto serrato con quel Governo. Se il problema è la mancanza di forze di polizia in Sardegna per procedere alle "traduzioni" per i rimpatri forse sarebbe più logico - in luogo di un CPR - rafforzare gli organici e snellire le procedure relative agli allontanamenti e alle espulsioni”.

“Vi chiediamo infine – concludono Emiliano Deiana, Andrea Soddu e Massimo Zedda -  due cose ulteriori: di attivare un pe