“Ci fa piacere che alcuni autorevoli esponenti politici locali e nazionali abbiano commentato ed anche preso posizione su varie proposte da noi formulate al Prefetto di Cagliari in ordine alla questione sbarchi nelle coste del Sud della Sardegna e alle conseguenti problematiche connesse ai periodi di quarantena che i migranti trascorrono nel Centro di Monastir che non è nato, né è adatto per gestire quel fenomeno. In questa sede appare inutile riproporre il contenuto del documento da noi divulgato in ordine al citato incontro. Dalla lettura di alcune equilibrate dichiarazioni appare evidente che, seppur in alcuni passaggi emerga una rispettabilissima diversità di vedute, su alcuni aspetti, almeno si colga la volontà di affrontare il problema in maniera organica cercando, nel contempo, di capire differenti tipi di approccio al problema. Abbiamo ottenuto ciò che volevamo (temevamo l’indifferenza), ovvero iniziare a porre sul tappeto e discutere possibili soluzioni al problema e non ascoltare e/o divulgare le solite generiche litanie, figlie della ricerca del consenso, del tipo non dobbiamo farli entrare, rimandiamoli a casa loro e cose simili”.

In una nota stampa, il segretario provinciale del Siap Polizia di Stato, Mauro Aresu, è perentorio: “Purtroppo, denunciare a gran voce i problemi può portare applausi – dice il sindacalista - ma ben più difficile è trovare soluzioni o, molto sommessamente, almeno formulare delle ipotesi di soluzione. Purtroppo, in altre dichiarazioni rese pubbliche dai media, oltre ad una pur sempre rispettabile posizione di dissenso, rispetto ad alcune nostre proposte estrapolate dal contesto del documento generale, ve ne sono alcune inaccettabili che respingiamo, ovvero: “ipotesi o delle decisioni che non possono essere formulate da chi non rappresenta i territori”. Le decisioni finali non ci competono – avverte Mauro Aresu - ma sul formulare ipotesi di soluzione non dobbiamo certamente chiedere il permesso a chicchessia. Infatti, chiunque è libero rappresentare le proprie idee e ricordiamo che le sigle sindacali, in questo caso della Polizia di Stato, rappresentano decine di colleghi che ogni giorno vanno a far servizio a Monastir, in una situazione di totale promiscuità tra soggetti in quarantena positivi e non e che potenzialmente rischiano il contagio, unitamente a tutto il personale della struttura. Una delle nostre proposte – ha concluso Aresu - è stata appunto quella di utilizzare un carcere dismesso, non perché avessimo l’intenzione di spostare il problema da un’altra parte, ma perché solo una struttura del genere sarebbe in grado di impedire continui allontanamenti dei migranti con rischio di diffusione della malattia nel territorio, come ora avviene per l’inadeguata struttura di Monastir”.