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Oggi è Natale, non come gli altri che abbiamo vissuto, noi, i nostri genitori e i nostri figli. Il mondo è avvolto da un velo pernicioso della pandemia che intristisce, che fa crescere la paura, che confonde, allarma.
È diventato piccolo, il mondo, come una casa. Una casa affollata, dove la persona, soprattutto tra le più deboli, inizia a star male e a morire, in una spirale di contagi che mostra quanto l’Uomo sia indifeso contro un nemico invisibile che disorienta e uccide.
È vero, cresce la paura dell’oggi e del domani, per la malattia, la morte del corpo, della mente e del lavoro. Eppure, in un condominio planetario diventato così tenebroso, c’è una luce che non potrà mai essere spenta. Che rappresenta la ragione per cui la vita non verrà mai meno, che l’Uomo non sarà distrutto e, nonostante tutto, sopravvivrà parchè vincerà la guerra, anche dopo tante battaglie perse, contro il nemico invisibile.
La luce è quella che promana dall’energia che la condizione umana ha in sé, ovvero il coraggio e l’intelligenza, che a loro volta alimentano lo spirito e la mente e, dunque, la capacità di reagire alle avversità, anche le più crudeli.
L’Uomo per sua natura nasce coraggioso e ottimista. Elementi, questi, che lo rendono immune, a qualsiasi prezzo, da ogni attacco, fosse anche quello perfido del virus che ora ci affligge. Che per qualcuno, nelle contrade del mondo in lutto, non esiste o non è così letale come nella realtà, ahinoi, si presenta.
È una percezione falsa, inconsapevole, irresponsabile e fuori dalla realtà. È frutto, probabilmente, di quel coraggio e di quell’ottimismo esorcizzante che, fortunatamente, salverà il mondo e tutti noi. Auguri sempre, dunque, a tutti e immancabilmente.
Die de Nadale de s’annu duamizaevinti.
Sos toccos de campána in custa die
narant a sa zente de pensare a su divinu
ammentende cussa notte de iérru e de níe
cando s’istella luminosa mustraiat su caminu
cun sa luna in chelu a fagher cumpanzía
a una grutta, póbera e fritta, chena fiòres de giardinu.
Dulche nidu de lughe e de armonía
ch’in terra truncas cun s’amore sas cadenas
dona a onzi ómine paghe, salude e allegria.
Cust’annu pro ispèrdere tristura e núes e penas
Nadale festosu ses torradu coment’ has fattu átteros annos
a cunfortu ‘e sa zente ch’iscultat sas campánas.
Dae sa Sardigna, terra antiga ‘e musas, augúrios mannos
chi festa sèmpere siat pro tottu chena odios e gherra
ca isperas in su coro nd’hamos tantas: a mezus annos!
Giorno di Natale dell’anno duemilaventi
I suoni delle campane in questo giorno
invitano la gente a pensare al divino
ricordando quella notte d’inverno e di neve
quando la stella luminosa mostrava il cammino
con la luna che in cielo faceva compagnia
a una grotta, povera e fredda, senza fiori di giardino.
Dolce nido di luce e di armonia
che con l’amore spezzi in terra le catene
dona a tutti pace, salute e allegria.
Quest’anno per disperdere la tristezza, gli affanni e i tormenti
Natale festoso sei tornato come hai fatto sempre
a conforto della gente che ascolta le campane.
Dalla Sardegna, terra antica di poeti, molti auguri
che sia sempre festa per tutti senza odio e guerra
perché le speranze che abbiamo nel cuore sono tante: a migliori anni!