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Mercoledì 1 febbraio 2017, Cagliari. Un incontro organizzato dalla Pro loco di Monserrato e patrocinato dallo stesso comune, quello con Nino Di Matteo, Sostituto Procuratore Antimafia presso il tribunale di Palermo.
L’aula Magna della Cittadella Universitaria è colma di donne, uomini e ragazzi accorsi per la presentazione del suo libro “ Collusi”, scritto a quattro mani con il giornalista Salvo Palazzolo. Una scorta attenta e compatta mischiata tra la folla. Tra gli applausi dei presenti, entra da una porta laterale il Dottor Di Matteo, sguardo basso e passo lento, accompagnato dal sindaco del comune di Monserrato, Tomaso Locci e da Giorgia Oppo, presidente del movimento “Agende Rosse, Emanuela Loi” Sardegna. Ed è proprio Giorgia Oppo che, con grande professionalità e competenza, coordina la serata. Il buon proposito dell’incontro è quello di indurre principalmente alla riflessione e di non pensare a Cosa Nostra come un gruppo di violenti e rozzi personaggi relegati in Sicilia, ma come delle menti pensanti, con un disegno ben preciso e un continuo ricercato rapporto con la politica e con le istituzioni. Lo stesso Paolo Borsellino affermava: “ mafia e politica sono due poteri che vivono nello stesso territorio, o si fanno la guerra o si mettono d’accordo.” Affermazione che, a distanza di tanti anni, trova conferma nelle parole di Di Matteo. “ Cosa Nostra ha avuto sempre nel suo DNA, fin dal momento della sua costituzione che risale agli ultimi anni del 1800, una caratteristica peculiare che la rende un’organizzazione mafiosa unica al mondo. Ha la consapevolezza di sapere quanto siano importanti e decisivi i rapporti con chi non è formalmente appartenente all’associazione, ma è esterno. È consapevole di quanto siano determinanti i rapporti con il potere ufficiale.”
Davanti ad un pubblico attento, sbigottito ma intrigato dai racconti, Nino Di Matteo racconta diversi retroscena del suo lavoro, pone l’accento su aspetti contradditori che spesso sono stati d’intralcio alle indagini. Parla, con determinazione e senza peli sulla lingua, delle disparità e delle difficoltà che ha incontrato in 25 anni di onorata carriera, quando si cercava di scoperchiare ciò che non doveva essere scoperchiato. Espone diverse argomentazioni con chiarezza e pacatezza, dai suoi occhi e dalle sue parole emergono una grande passione per il proprio lavoro e una forte voglia di legalità e giustizia. Parole spesso interrotte dagli applausi sinceri e spontanei del pubblico.
Spiega con molta umiltà perché ha voluto scrivere questo libro: “in Collusi non troverete novità, non troverete rivelazioni di segreto d’ufficio, non troverete cose che ancora sono da accertare. Troverete sostanzialmente, quasi esclusivamente, quello che è venuto fuori da sentenze definitive della magistratura. Ho voluto scrivere questo libro, perché, se loro, i mafiosi, le teste pensanti dell’organizzazione, hanno chiara la consapevolezza della decisività del rapporto esterno per la loro forza, noi istituzioni, noi Stato, dobbiamo avere una consapevolezza analoga e speculare. Noi dobbiamo capire che per vincere la guerra contro la mafia, lo Stato deve recidere una volta e per tutte i rapporti che la mafia ha con la politica.” È consapevole dei lunghi passi avanti che si sono fatti negli ultimi 25 anni per vincere la guerra contro la mafia, ma con amarezza riconosce che “ questi passi avanti non sempre sono stati fatti grazie alla politica, ma il più delle volte sono stati fatti nonostante la politica e sono stati fatti sulle spalle e con il sacrificio di pochi magistrati e di pochi uomini appartenenti alle forze dell’ordine.”
Sotto scorta dal 1993, destinatario di ordini di morte da parte del boss corleonese Totò Reina, è consapevole che a Palermo si sta lavorando per portare a termine un attentato nei suoi confronti. Mostra non poco imbarazzo e pudore a parlare della sfera privata. Non si sente un eroe Di Matteo, è un uomo cosciente dei rischi che quotidianamente corre, conscio della libertà a cui ha rinunciato e a quanti spazi di libertà e spensieratezza ha fatto rinunciare alla sua famiglia. Con voce tremante afferma “ non esistono eroi e non esistono persone che non hanno paura”. Fa sue le parole di Paolo Borsellino, che, tanti anni fa, disse: “ il coraggio non è non provare la paura, ma rispetto alla paura che si prova, bisogna fare prevalere il senso della propria dignità.”
Spiega con molta posatezza: “ Questo significa non cambiare quello che si deve fare solo perché qualcuno ti minaccia o solo perché scopri che qualcuno ha già comprato il tritolo e sta studiando come farti saltare in aria. Io credo soltanto che, per fortuna, in Italia ci sono tante persone, i cui rischi non sono conosciuti come i miei, ma che li affrontano con la stessa dignità, con la stessa volontà di non farsi condizionare. Vi sembrerò anche retico, ma io ci sono nato in quel contesto, l’ho respirato fin da bambino, in fondo la lotta alla mafia è una gran lotta di liberazione, una lotta per l’affermazione della dignità personale e di un intero popolo. Richiede uno sforzo importante, ciascun cittadino deve lottare per cambiare quella che è la mentalità mafiosa.”