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Lui, instancabile lavoratore, esemplare padre di famiglia, grande amante delle feste, della musica, ha fatto ballare per davvero un’intera generazione, ha fatto lo speacker radiofonico, ma ora non è più un giovanotto e dopo un’intera vita trascorsa a fare il barbiere è un po scoraggiato.
Il motivo? Il Coronavirus, la pandemia, il dover ricominciare con ferree prescrizioni (certamente importanti), tantissimi adempimenti burocratici, gli hanno fatto passare la voglia di riaprire il suo storico salone di via Gramsci.
Così, Nino Patanè, nato il 1° marzo del 1932, originario di Furci Siculo, in provincia di Messina e trapiantato in Sardegna, nella sua amata Carbonia nel 1945, ha deciso di appendere definitivamente forbici e pettine al chiodo: “Non avrebbe senso – dice Nino – va bene così, dopo 77 anni a tagliare capelli a migliaia di persone, la mia serranda, seppur a malincuore, la lascerò abbassata. Non sentirò più “Nino, barba e capelli, Grazie” e questo mi lascerà tanta tanta malinconia dentro di me, tantissimi bei ricordi, tante persone che mi vogliono bene, mi hanno parlato delle loro vite, di cose belle e meno belle, ma tutta questa pandemia e soprattutto con le condizioni da adottare per riprendere, beh non me la sento proprio”.
Nino, conosciutissimo nella zona del Sulcis, nella sua amata Carbonia, ci arriva nel lontano 1945, era poco pù che un ragazzino che aveva frequentato le elementari: a quei tempi suo papà gli cercò un lavoro, divenne il garzone di un barbiere. Nino seppe sfruttare questa bella occasione, il lavoro non mancava mai, tant’è che nel 1959 riuscì anche a comprarsi un locale tutto suo, la sua barberia, quella storica, appunto, di via Gramsci.
“Papà non ha mai fatto un giorno di ferie – racconta emozionata una delle figlie, Stefania – scorrendo l’album dei ricordi, la sua passione era far ballare e divertire i suoi amici, tantissime coppie che adoravano le feste, le serate di liscio e latino americano, lui suonava addirittura anche il mandolino, faceva speleologia, ama stare con gli amici a giocare a carte, poi il suo svago era fare il dj nella sua inseparabile consolle e che dire delle sue conduzioni come speacker radiofonico a Radio Luna col il programma Ballabili da tutto il mondo. A casa – aggiunge Stefania Patanè – ha una marea di dischi in vinile, in qualche foto delle feste c’è accanto a lui anche mia mamma Menina, abruzzese doc, del 1934”.
Tanti i ricordi indelebili appesi in parete, tra i tanti la celebre foto con Domenico Modugno a cui tagliò i capelli, poi la statuetta-riconoscimento del 1983 Cagliari che lavora, assieme a tantissime foto in bianco e nero con tantissime persone che da lui si rifacevano il look.
Nino Patanè ha risentito molto di questi due mesi di stop forzato dovuto alle chiusure per il Coronavirus, non se la sente di ricominciare tutto da capo con i cavilli burocratici e le tante prescrizioni da adottare, ma ha un piccolo sogno nel cassetto: “Vorrei che qualcuno proseguisse la mia attività – dice – con me ho avuto splendidi collaboratori che mi hanno seguito nel mio lavoro, oggi sono diventati davvero in gamba, ad esempio Giuseppe Arrus, da 20 anni con me e anche Marcello Mei, che ricordo davvero con molto orgoglio, validissime persone. Io non me la sento – ammette Nino – ho già dato, ora vorrei lasciare a qualcuno che avesse la voglia di proseguire una parte di me, in questa meravigliosa terra che amo da morire”.