<<Come da consuetudine ho chiesto di accedere al plesso scolastico di Aritzo per i tradizionali auguri pasquali e la benedizione: ho ricevuto un diniego inappellabile>>.

Inizia con queste parole la lettera che il parroco di Aritzo, padre Giovanni Zedda, ha inviato al vescovo di Oristano monsignor Ignazio Sanna, al sindaco Gualtiero Mameli, al dirigente dell’istituto comprensivo di Desulo Antonella Trabalza, al Collegio dei docenti e al Consiglio d’Istituto.

Padre Giovanni ha espresso il desiderio di impartire la benedizione pasquale agli alunni, ma la dirigente Trabalza ha fatto sapere che non era d’accordo. Il sacerdote non entra in merito a disposizioni specifiche che potrebbero motivare la scelta della dirigente, ma fa ricorso alla storia di una piccola comunità che anche sui valori cristiani ha voluto fondare le basi di una tradizione.

<<La decisione della preside sorprende me e preoccupa, io credo, in uguale misura, il Collegio dei docenti e il Consiglio d’istituto, nonché i genitori e gli alunni. È costume ad Aritzo, da tempi non sospetti, che il sacerdote, oltre le abitazioni e le famiglie della parrocchia, visiti anche i luoghi dove sono accolti i lavoratori di qualunque professione e mestiere comprese segnatamente le scuole. Non ci sono ragioni di natura pedagogica o psicologia sociale per cui sia lecito impedire o che si possa anche solo limitare o addirittura cancellare una tradizione che, “ab immemorabili”, fa parte della cultura della comunità in cui bambini sviluppano la propria crescita umana, culturale, civile e religiosa. La scuola, io credo, non può far finta di ignorare o trascurare e nemmeno di interpretare aprioristicamente questo dato obiettivo in termini superficiali riduttivi o minimalisti>>.

Padre Giovanni è il parroco di Aritzo da oltre dieci anni. Oggi, visto quanto accaduto, si chiede “come sia possibile che in un piccolo paese che realizza progetti di accoglienza di solidarietà siano imposti perentoriamente, senza considerare l’esperienza e la tradizione della cultura locale, modelli pedagogici che portano inevitabilmente a divisioni e contrapposizioni sterili ed avvelenate e, a lungo andare, ad innalzare “muri” o altre presuntuose barriere di violenza e di morte?”

Qualche settimana fa il sacerdote ha chiesto al sindaco Gualtiero Mameli un locale per poter insegnare la lingua italiana ai circa cinquanta profughi che sono ospitati in paese, tutti di fede musulmana. Ad Aritzo l’accaduto ha scosso la comunità, che cerca costantemente l’integrazione e l’uguaglianza.

<<Nella scuola risulta ci sia un solo alunno di famiglia musulmana ormai pacificamente al settimo anno di frequenza e mai, come precedentemente fecero i suoi fratelli, ha chiesto l’esonero dall’insegnamento della religione cattolica, né mai ha abbandonato la classe, né i suoi compagni, durante la lezione>>.

Padre Giovanni, in chiusura della sua lettera, con lo spirito di apertura al dialogo con cui si vuole contraddistinguere, ha chiesto alla dirigente scolastica un incontro.