“Chi non è addentro probabilmente non lo sa, non lo può sapere e forse a raccontarlo a parole neanche ci crederebbe ma la situazione non si può più nascondere, le persone libere, stanche e stremate ormai parlano apertamente, scrivono, filmano e postano video; non bastano più i bavagli imposti con tanto di delibera dagli organi istituzionali, come se non bastassero le mascherine, dicono per non creare panico, sicuramente e più realisticamente per evitare che la gente sappia, sappia che la situazione è sfuggita di mano a chi era preposto a salvaguardare la salute delle persone, affette da Covid e no. Entrando più nello specifico, è un dato di fatto che anche l’assistenza di base routinaria, quella che secondo etica professionale e, forse anche prima di questa, per altruismo e umanità, non esiste più, non è più garantita, se non in bassa percentuale a cura di pochi che però sono una minoranza, delle mosche bianche. Le forze di supporto neo costituite non sono sufficienti, e parlo delle Uscas, non riescono a dare risposte a tutti, essendo la mole di lavoro eccessiva. L’unico servizio in grado di dare risposte sul territorio, da quando è iniziata la seconda ondata, ondata assolutamente inaspettata a detta di persone evidentemente disinformate e poco attente, ma anche durante la prima di marzo, è il servizio 118, e questo non vuole essere un vanto, al contrario, un triste dato di fatto confermato da fatti tristemente reali”. 

Cosa vivono i soccorritori del 118, ai tempi dl Covid, nelle estenuanti settimane in cui secondi, minuti, interminabili ore, vengono trascorse in fila, in attesa con le ambulanze ferme davanti al nosocomio che “scoppia” di malati Covid. Al Nursind segreteria territoriale di Nuoro, arriva una lettera di chi vive senza sosta il disagio sempre più frequente in questa lunga scia di contagi e di numeri in rialzo. “Le uscite in intervento non sono più urgenze in senso stretto, non tutte, una alta percentuale sono visite domiciliari al posto di medici di base, guardie mediche, pediatri che – scrive di polso un soccorritore del 118 -  quando va bene rispondono al telefono come un qualsiasi call- center, raccomandando terapie, anche antibiotiche e di altro tipo basate su un’intervista telefonica e non sulla clinica, oppure consigliano candidamente di chiamare il 118. I pazienti giustamente ascoltano il saggio consiglio e vengono visitati dal medico di turno dell’ambulanza medicalizzata, supportato dall’infermiere, come e giusto che sia, lasciati a domicilio, tanti, spesso grati e rincuorati per il servizio fornito, e ricoverati quelli che lo necessitano, che corrispondono spesso a quei pazienti che non sono stati seguiti da subito e si sono scompensati per mancanza iniziale di cure”. 

Le medicalizzate 

“Così avviene che si usa il 118 al posto della medicina di base, si usano le equipe medicalizzate per trattare pazienti codici verde mascherati di giallo o di rosso, si usano i volontari delle basi al posto della medicalizzata perché è impegnata, si usano le medicalizzate per trasportare i pazienti da ospedale a ospedale a seconda dei posti letto disponibili, un viaggio della speranza al quale molti rinunciano per ovvi motivi legati alla distanza, rispondono affermando che preferiscono morire a casa e non in un posto distante dai loro affetti, per bene che vada 100 km, rispondono firmando il foglio di rifiuto e assumendosene la responsabilità;  intanto, nel frattempo che l’equipe medicalizzata è in viaggio, per 4, 5, 6, 7 ore e anche più il territorio rimane sguarnito, e le emergenze, quelle vere, nella migliore delle ipotesi avranno una risposta non adeguata, nella peggiore la avranno quando è troppo tardi non l’avranno per niente, lo stesso accade per le infermieristiche. È cosi che in tutta questa confusione accade anche che di fronte a pronti soccorsi collassati, trasformati loro malgrado in reparti Covid, il 118 è spesso inviato dalla Centrale Operativa a visitare pazienti in attesa fuori dal pronto soccorso stesso, nel piazzale antistante, all’interno delle autoambulanze dei volontari che attendono risposte, attendono pazienti e con i pazienti a bordo, spesso gravi e sotto ossigeno, attendono a lungo, per ore, minimo 4 e a salire fino ad arrivare ad attese di 14 ore, tanto da addormentarsi a turno o farsi dare il cambio perché ormai esausti. Accade così che un paziente, cardiopatico, scompensato, abbia la terapia necessaria alla sua sopravvivenza non dal pronto soccorso, invaso e congestionato, pieno di pazienti COVID  e cronicamente carente di medici e infermieri, ma dalla Medicalizzata mandata in soccorso, fortuitamente libera al momento che come si suole dire in questi casi, lo prende per i capelli, permettendogli di continuare a vivere, e impedendo agli esperti di statistiche di inserirlo nelle morti naturali per età e per concomitanza di patologie, non per l’inefficienza di un sistema che ormai non è in grado di dare le più banali risposte in termini di assistenza” 

La routine, le file, le attese 

“Tutto questo da settimane è diventata la routine quotidiana, nessuno al momento in cui si deve uscire in intervento si lamenta, si va e si fa quello che si deve fare, non è un discorso di essere di nostra competenza oppure no, si indossa la tuta e si va, è il nostro lavoro e nessuno si tira indietro, ma a freddo non si può fare a meno di pensarci, si capisce che nel frattempo che sei da un paziente Covid o sospetto tale, che non è stato visitato da nessuno e magari non necessita di ricovero, da un’altra parte ce n’è uno che sta morendo per un attacco cardiaco, un’ altro per una crisi respiratoria, un altro che non ha potuto fare le visite di controllo alle scadenze prestabilite, e tanti altri per altri motivi, non direttamente legati all’emergenza Covid ma indirettamente causati o meglio causati da una sua cattiva gestione.  Sono i pazienti che sono morti perché “dovevano morire”, perché sono peggiorati a causa della loro patologia di base e “giustamente” sono morti, nelle statistiche, per cause naturali” – si legge a conclusione della triste testimonianza di un soccorritore del 118. 

(Il contenuto della testimonianza è del sindacato Nursind Nuoro)