“Voglio dire la mia” esordisce così ai nostri microfoni Inna Bakman. Desidera raccontare il suo punto di vista su ciò che è accaduto il 17 giugno scorso davanti allo stand che sventolava bandiera russa in occasione del Festival Ethnikà, nel parco di Monte Claro a Cagliari. Un evento per incoraggiare l’integrazione e la convivenza serena tra diversi popoli dal mondo che, in breve tempo, si è trasformato in un acceso confronto Russia-Ucraina.

Una discussione (riportata da alcune testate giornalistiche sarde) che non ha risparmiato insulti e commenti al veleno rivelando, ancora una volta, lo stato di altissima tensione tra i due popoli.

Inna è una giovane mamma russa sposata da quasi 10 anni con un ragazzo sardo, Manuel Cherchi. I due vivono ad Assemini, in provincia di Cagliari e hanno una figlia. La loro è una vita tranquilla perfettamente integrata a livello lavorativo, sociale e familiare nella piccola comunità asseminese. Scorre tutto sereno fino al 24 febbraio 2022 quando Russia e Ucraina si ritrovano nel bel mezzo dell’occhio di un ciclone chiamato guerra.

Da quel momento la russofobia si ripercuote, giocoforza, anche su Inna e la sua famiglia solo perché di origini russe e, la diatriba durante il Festival Ethnikà, come racconta la ragazza, è solo l’ultimo di tanti episodi discriminatori.

“La Festa dei popoli dovrebbe essere un’occasione di integrazione sociale tra etnie che, delle differenze culturali possono e devono fare un punto di forza, al fine di vivere pacificamente in una società degna di essere definita civile. Quest’anno sono diventata membro di Ethnikà e, insieme ad un gruppo di ragazze della diaspora russa, ho allestito uno stand per presentare la nostra cultura e invitare i visitatori all’assaggio di alcuni piatti tipici del nostro paese - riferisce Inna a Sardegna Live - è stato bellissimo e abbiamo ricevuto molti complimenti per il cibo, i costumi e le danze”.

“Nel nostro stand, all’inizio, non c’era la bandiera a rappresentarci perché, in accordo con i responsabili dell’evento, questa poteva essere esposta da tutti oppure da nessuno - spiega - proprio per evitare inutili polemiche a sfondo politico. Però, ad un certo punto, lo stand ucraino ha montato la propria bandiera nazionale e noi, così come altri partecipanti all’evento, abbiamo fatto la stessa cosa. Però quando sono rimasta sola al nostro stand, in pochissimo tempo, la festa si è trasformata in una sorta di ring a cielo aperto perché, alcuni rappresentanti della diaspora ucraina, hanno cominciato a provocare molto pesantemente, sono volati insulti, minacce e offese - afferma - ci intimavano di togliere la nostra bandiera, a loro dire, indegna di presenziare alla Festa dei Popoli. Molti di loro hanno ripreso la scena con il telefono cellulare e hanno pubblicato un video in cui, le intimidazioni da parte loro nei nostri confronti, sono misteriosamente scomparse”.

“È intervenuto mio marito per difendere me e nostra figlia (che si trovava lì accanto) da un “confronto” diventato davvero molto pesante e spiacevole - continua a raccontarci la ragazza - poi l’intervento della protezione civile e della polizia ha rasserenato gli animi, altrimenti non so davvero, cosa sarebbe potuto accadere”.

Inna chiarisce che dopo il tentativo della polizia di tranquillizzare i protagonisti del diverbio, il gruppo dello stand russo ha considerato concluso lo spiacevole episodio, ma la pubblicazione di quel “video tagliato” e le continue ingiurie e provocazioni sui social, hanno scatenato il desiderio di replica per raccontare l’accaduto.

“Ho sempre difeso a spada tratta la mia famiglia e la mia patria e continuerò a farlo. Non mi fanno paura le intimidazioni degli ucraini perché i veri motivi di questa guerra li conoscono in pochi. La crisi tra Russia e Ucraina è la conseguenza di un conflitto di anni e, se ci si impegnasse a studiare un po’ di storia, si capirebbero tante cose. Ma tornando a Monte Claro, lo scorso 17 giugno è stato tutto davvero assurdo. Un evento culturale che ha come fine ultimo quello di favorire l’integrazione dei popoli, accettare le diversità e rispettare l’altro che si trasforma in una rissa verbale diseducativa e mortificante, fa paura. Perché ci “ordinavano” di togliere la nostra bandiera nazionale se quella delle altre nazioni partecipanti erano esposte in bellavista? Perché i gruppi ucraini mostravano fieri le bandiere neonaziste e tutti facevano finta di non vedere?”.

“Siamo tutti contro la guerra è ovvio, ma io sono con il mio Paese e il mio Presidente - Inna fa una breve pausa ma, poi, riprende il suo discorso con un tono di voce ancora più deciso - so bene che non è semplice comprendere il nostro punto di vista, soprattutto alla luce dell’ondata di russofobia che non accenna a diminuire in molte parti del mondo, ma io non smetterò mai di ripetere che sono fiera della mia patria e, per questo motivo, non ho abbassato quella bandiera e non lo farò mai! Essa rappresenta la nazione che amo e della quale sono orgogliosa. Così come non abbasserò mai la testa di fronte alle discriminazioni”.

LA REPLICA DI UCRAINA SARDEGNA UNITI PER LA PACE