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Nel capolavoro deleddiano "Canne al vento", l'autrice racconta - come in tutta la sua narrativa - la Sardegna attraverso un viaggio introspettivo nel mondo dei protagonisti. Passioni, sentimenti, storie di vita quotidiana si alternano in un vortice di emozioni. Sullo sfondo una sensazione di sciagura imminente, avvertita nel continuo contrasto psicologico e nel ritratto melanconico dei personaggi. Il clima generato dalla pandemia insinuatasi nelle nostre vite, ricorda a tratti quello romanzesco proposto dalla Deledda. Le difficoltà quotidiane che alimentano il pessimismo e l'incertezza nel futuro mettono in crisi l'identità individuale come accadeva negli anni in cui la scrittrice sarda si affermò. Se allora si guardava avanti alla ricerca dell'Io, adesso ci si volta indietro per ritrovarlo.
Inutile sottolineare come fra i settori più colpiti vi sia quello della ristorazione, che adesso, con le nuove disposizioni, si trova nuovamente a fare i conti con l'ennesimo stop forzato. Come nel caso del ristorante nuorese "Canne al Vento". Un nome fortemente evocativo per una storica attività cittadina i cui titolari, nei giorni scorsi, hanno manifestato sui social un grande sconforto dopo l'improvvisa chiusura, a poche settimane dalla ripresa dell'attività. "Ci abbiamo riprovato, ci siamo rimessi in gioco nonostante tutto - si legge nel post pubblicato su Facebook -. Abbiamo, come sempre d'altronde, rispettato le regole, ma la speranza si è bruscamente interrotta facendoci precipitare nell'abisso degli incubi, pare, di quelli senza ritorno. Nuovamente ci ritroviamo privati della nostra dignità, del nostro lavoro, tanto conclamato nell'articolo 4 della nostra costituzione". "D'altronde stiamo solo chiedendo il rispetto dell'articolo 4 – prosegue lo sfogo -, niente più; stiamo chiedendo di lavorare, seppur con le restrizioni, ma lavorare. Questa ennesima chiusura, improvvisa, senza nessun preavviso, ci prova parecchio e chissà se questa volta troveremo le forze e le risorse per poter ripartire un'altra volta".
Un grido d'aiuto che si fa espressione delle incertezze di tutti i lavoratori del settore e non solo, da un anno ormai privati della possibilità di condurre una vita ordinaria e dignitosa, in balia degli eventi. Abbiamo parlato con Michele Crissantu, proprietario del ristorante, che ha chiarito la sua posizione a riguardo e tirato le somme sulla disastrosa annata appena trascorsa.
Dopo quasi un anno di grave emergenza il settore della ristorazione piomba nuovamente nell'incertezza. Quanto pesa a livello psicologico? E come rialzarsi dall'ennesima batosta?
L’ennesima chiusura è veramente devastante. Una chiusura inaspettata, che ci fa ripiombare nell’incertezza più assoluta. È un anno che lottiamo con questo virus, ed è un anno che noi non vediamo la fine di questo incubo. Il settore della ristorazione è gravemente provato; noi, sin dall’inizio, abbiamo sempre rispettato le regole e ci siamo adeguati, investendo risorse. Oggi, psicologicamente siamo veramente provati e non capiamo perché solo questo settore debba continuare a fare sacrifici. Non possiamo continuare a chiudere e riaprire così all’improvviso; stiamo parlando di magazzini pieni di prodotti deperibili, che spesso non possiamo conservare. Ogni volta per ripartire è necessario investire risorse; per quanto ancora dovremo indebitarci per poter lavorare? Per quanto ancora dovremo “buttare” cibo quando sin da piccoli ci hanno insegnato a non buttarlo? La passione ci tiene fortemente legati a questo settore; ma vale la pena seguire un sogno se il prezzo è così alto?
Dove pensate che il mondo della politica avrebbe potuto agire in maniera più efficace per salvaguardare, oltre alla salute, anche l'economia di attività come la vostra?
La politica poteva salvare il nostro settore investendo di più sui controlli e sul rispetto delle regole. La situazione attuale del mondo politico non fa ben sperare. Pare che la poltrona, in questo momento, sia più importante del virus e delle migliaia di persone che hanno perso il lavoro e vivono giornalmente nella disperazione.
Come ha risposto la comunità nuorese alle vostre problematiche? Avete avvertito la solidarietà dei cittadini?
La comunità Barbaricina, sia oggi ma anche lo scorso anno, ci ha sostenuto tantissimo. Molti clienti già durante il primo lockdown ci chiamavano, mostrando comprensione, e grazie anche a loro e ai loro messaggi abbiamo deciso di ripartire.
Se aveste la possibilità di far sentire la vostra voce, che appello lancereste?
L’appello che vorremo lanciare è semplicemente di farci continuare il nostro lavoro serenamente. Viviamo attualmente nell’incertezza continua, non si vede la luce alla fine del tunnel.
Una breve considerazione sull'anno appena passato. Nonostante il dramma, possiamo dire che le difficoltà attraversate potranno essere utili in futuro per una crescita professionale?
Nessuna crescita professionale da questa brutta esperienza, solo tanta rabbia e tanta delusione.