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La crisi del Sistema Sanitario nazionale sembra inarrestabile, non vengono assicurati i LEA, la medicina territoriale non funziona con gravi carenze di medici nella medicina generale, nella guardia medica, nel 118, nella medicina specialistica (con allungamento spropositato delle lista d’attesa); grave è l’emergenza d’organico degli ospedali, in primis del Pronto Soccorso (100 medici al mese lasciano il servizio in Italia), ma anche delle altre unità operative, che vedono i medici abbandonare gli ospedali per le condizioni di lavoro insostenibili correlate alla stessa carenza di organico e alle insostenibili limitazioni della vita privata.
La maggior parte dei decisori istituzionali interessati alla soluzione del problema, ritengono che la soluzione al problema sia un incremento delle risorse economiche da destinare alla sanità; questo è vero, ma non risulta l’unico provvedimento necessario per i medici; infatti non si riesce a sostituirne neanche uno che va in pensione, a parità di risorse, perché mancano i medici specialisti.
Il punto è che sarebbe necessario uno sforzo, per riformare il sistema e nel caso le norme di accesso al SSN. Al riguardo si deve sottolineare che l’Italia è l’unico stato dove la laurea dura non 6 anni, ma 10-11 anni; infatti chi non ha conseguito la specializzazione, non può accedere al SSN. Il sistema sanitario è diverso nei vari stati europei, ma nella maggior parte, dopo la laurea si accede alle strutture sanitarie con contratti di formazione lavoro.
La carenza dei medici specialisti è nata con la 502 del 1992 articolo 15 che disciplina l’accesso dei medici al SSN; con il decreto Calabria si è arrivati all’assunzione degli specializzandi già dal secondo anno; questo provvedimento non ha permesso di risolvere la criticità, in quanto gli stessi non possono farsi carico dei pazienti in autonomia, lasciando agli strutturati i turni più gravosi (domeniche, festivi, notti, e le reperibilità), che limitano la vita personale e familiare.
Pertanto considerando che il numero annuale dei laureati in Medicina in Italia è pari a circa 10000, ma con numeri in crescendo, non potendo questi accedere al Sistema Sanitario nazionale per 4-5 anni, le strutture sanitarie devono fare a meno di 40-45000 medici, che potrebbero entrare nel Sistema Sanitario nazionale con contratti di formazione-lavoro.
La conferenza stato regioni già nel 2018 cercò di porre rimedio al problema proponendo l’accesso alle strutture ospedaliere e territoriali del servizio sanitario regionale dei medici in possesso di laurea in medicina e chirurgia e abilitazione all’esercizio della professione. Si prevedeva la stipula di contratti a tempo determinato di “specializzazione e lavoro”, alternativi al percorso di specializzazione; per i neoassunti si prevedeva un’autonomia vincolata nell’ambito delle direttive ricevute da un dirigente medico responsabile.
L’opposizione venne dal MIUR, dall’ordine dei medici, da molti sindacati e quindi dal Ministero della Salute, per le problematiche di mancata qualità e di rischio clinico, correlate all’impego di medici non specialisti; questa criticità si è però aggravata negli anni successivi per deficitaria assistenza.
La soluzione dei medici a gettone ha costituito un aggiramento del D.lgs 502 e dell’articolo 24 del DPR n. 483 del 1997, con l’assunzione di medici non specialisti con responsabilità limitate, stipendi spropositati rispetto ai medici strutturati; questi ultimi meditano di lasciare il servizio per trasferirsi nelle strutture private, all’estero o per essere assunti essi stessi come gettonisti.
Indicazioni per possibili soluzioni normative dei decisori istituzionali, possono essere in primis dei provvedimenti emergenziali di valenza nazionale:
• Sospensione dell’articolo 15 del d. lgs 502 e dell’art. 24 del DPR n. 483 del 1997, per almeno 3 anni; questo provvedimento potrebbe permettere l’assunzione di medici non specialisti, con tutele assicurative e previdenziali, inquadrati in un reparto con formazione sul campo e graduale sostituzione dei medici a gettone
• Autonomia operativa decisa dal direttore di struttura parallelamente ad incremento salariale (onde evitare il contenzioso legato alla responsabilità professionale che sussiste per gli specializzandi)
Provvedimenti riformistici nazionali dovrebbero riguardare:
• Accesso ad una specializzazione per tutti i neolaureati (onde evitare l’imbuto formativo degli anni scorsi)
• Contratti di formazione-specializzazione-lavoro per i neolaureati, con possibilità di accesso immediato nel SSN
Provvedimenti emergenziali da attuare in Sardegna:
• Mappatura dei medici: occorre chiarezza per valutare lo squilibrio territoriale nella distribuzione degli stessi; inoltre poiché è stato rilevato che la Sardegna ha una percentuale di medici superiore alle altre regioni, (482 ogni 100.000 abitanti, dati Openpolis), pare opportuno chiarire perché risulti una carenza di circa 500 medici ospedalieri e di altrettanti medici di famiglia (sono stati contati i pensionati, i medici trasferiti fuori dall’isola, ma che hanno conservato la residenza, quanti lavorano nel privato?).
• Ulteriori incentivi per l’accettazione di incarichi nelle sedi disagiate, che possono riguardare bonus abitativi e rimborsi chilometrici.
• Assunzione di medici cubani specialisti: al momento non esiste alcuna possibilità alternativa e risulta che stiano ben operando in Calabria