La sorprendente affermazione al Festival di Sanremo del 1997 con il brano Fiumi di parole ha proitettato i Jalisse di diritto nella storia della musica italiana. Il duo musicale, composto da Fabio Ricci e Alessandra Drusian, dopo il successo al festival della musica italiana centrò anche uno straordianrio quarto posto all'Eurovision Song Contest. Un successo che sembrava spianare la strada ai due artisti per altre presenze da protagonisti al Teatro Ariston e invece, da allora, i Jalisse sono stati esclusi dalla kermesse musicale più amata dagli italiani per 28 volte di seguito.

Un "primato" che fa male e non rende giustizia a un talento capace di generare comunque una carriera intensa e fatta di esperienze importanti, che i Jalisse rivendicano e affermano con orgoglio. La coppia (nel lavoro e nella vita) sarà sul palco a Ollolai giovedì 26 dicembre, a partire dalle ore 18 circa, in occasione del grande evento natalizio Augurios de Coro, presentato da Giuliano Marongiu e Roberto Tangianu e trasmesso in diretta da Sardegna Live. Li abbiamo intervistati.

Partiamo dall'inizio: Sanremo 1997, vincete il Festival da outsider. Cosa prova un giovane che si ritrova in quella situazione?

Alessandra: «È una situazione straordinaria, sei stravolto, non capisci niente in quel momento. Non te lo saresti mai aspettato, perché stai gareggiando con i migliori big che in quel momento praticamente dominano la scena musicale italiana, ci sono tanti grandi personaggi, quindi è stata veramente uno stravolgimento per quanto ci riguarda».

La vostra carriera nasce con Sanremo, la stessa manifestazione che vi è poi stata negata per 28 volte di seguito. Ma in questi decenni anni avete comunque portato avanti un’esperienza musicale importante e colpisce la vostra capacità di sdrammatizzare, più che polemizzare.

Fabio: «Cerchiamo sempre di guardare il lato positivo delle cose. Abbiamo quasi 33 anni di carriera, interviste, radio, tv, stampa. È inutile andare a presentare ancora la delusione, l'arrabbiatura. Quello che è stato non ce lo ridà indietro nessuno. Sappiamo soltanto che eravamo due giovani intorno ai 30 anni che hanno deciso di fondare una propria etichetta indipendente nel 1993, quando le case discografiche non prendevano in considerazione la voce di Alessandra. Da allora siamo rimasti sempre liberi, pagando la nostra autonomia con cattiverie, ingiustizie e attacchi. Ma abbiamo deciso di essere propositivi, guardare il futuro e rispondere con la musica».

La vostra parabola è impreziosita da progetti e collaborazioni di grande qualità.

Fabio: «Se da una parte l’allontanamento dal Festival ci ha impedito di promuovere al meglio le nostre canzoni, dall’altra ci ha permesso di cercare e scoprire strade e progetti alternativi. Ricordiamo la collaborazione col poeta italo-iracheno Younis Tawfik, con la professoressa Rita Levi-Montalcini, con i detenuti del carcere di San Vittore, con Nicolo Bongiorno e la sua fondazione. Progetti collaterali che magari sono meno commerciali, più di nicchia, ma dal valore inestimabile. Siamo letteralmente artigiani della musica e ora vogliamo riproporre i nostri brani, non il passato. E comunque riproveremo a tornare a Sanremo per la ventinovesima volta».

Il vostro ultimo brano, No No No No, racconta in maniera ironica proprio le varie esclusioni dal festival.

Alessandra: «Esatto, era uno dei due brani che abbiamo proposto quest’anno per la selezione del Festival e abbiamo deciso comunque di farlo uscire. L’altro era un pezzo un po’ più intimo, raccontava la nostra storia, una storia d’amore. Questo è invece un brano ironico, divertente, che comunque punzecchia un pochino».

Voi fate copia anche nella vita privata, oltre che nella vita pubblica. Come si riesce a far coesistere queste due dimensioni?

Alessandra: «Non è facile, come non lo è per tutte le famiglie. Stare insieme, condividere caratteri diversi, idee diverse. Per noi è sempre stato molto naturale, forse perché non ci siamo mai chiesti per quale motivo riusciamo a stare insieme, a collaborare sia nella vita privata che nel lavoro. Non ci facciamo troppe domande, a volte per certe cose non trovi risposta. Il 6 gennaio festeggeremo i 33 anni di unione e se tutto questo tempo siamo riusciti a stare bene vuol dire che abbiamo trovato gli ingredienti giusti per far andare avanti questo rapporto».

Qual è il brano al quale siete più affezionati?

Alessandra: «Fiumi di parole è il brano che ci ha fatto girare il mondo, ci ha fatto conoscere al pubblico, vincere Sanremo. Ma ce n’è un altro che adoro e al quale sono molto legata ed è Vivo. È il primo brano che abbiamo proposto alle selezioni di Sanremo Giovani, quindi è quello che ha messo la chiave nella toppa della porta del festival per poter avviare questo percorso».

Fabio: «Per me ce ne sono due. Uno è Liberami. Io sono un cantatore, scrissi Liberami per me, poi doveva essere per Alessandra, poi invece l'abbiamo portato insieme a Sanremo 1996, che ci ha permesso di arrivare al festival dell'anno dopo con Fiumi di parole. L'altro è Non aver paura di chiamarlo amore, che mi ha permesso di realizzare il sogno di collaborare con una band metal e tirare fuori una sonorità che è dentro di me, un rock più new metal, più aggressivo, che è un’altra faccia dei Jalisse, quella un po’ più seria, determinata, e testarda».

Delle nuove tendenze della musica di oggi, cosa pensate? Ce n'è qualcuna dalla quale vi lasciate ispirare maggiormente?

Fabio: «Noi siamo quelli che scrivono ancora il testo con foglio e penna. Lo troviamo molto romantico. Le sonorità spaziano, non abbiamo un genere sul quale ci focalizziamo. Sicuramente c'è questa zampata un po' più rock che si sente su alcuni brani, nei quali ci divertiamo a tirar fuori la nostra anima, però non ci collochiamo in un genere specifico, ci piace sperimentare molto e ascoltiamo tanto. Dalla musica indie italiana fino a quella straniera, da Billie Eilish a Calcutta, non c'è confine».

Che rapporto avere con la Sardegna, l’avete mai frequentata?

Alessandra: «Abbiamo fatto una bellissima vacanza a Santa Teresa Gallura con le nostre ragazze ed è stata una settimana veramente da sogno, in un mare meraviglioso, una spiaggia incontaminata. È forse la vacanza che tutta la famiglia ricorda con più affetto. Lavorativamente parlando, non abbiamo mai fatto un concerto nostro in Sardegna, anche se io sono stata portata la prima volta nell'Isola a Cagliari da Pippo Baudo, dopo aver partecipato al Gran Premio. Ci fa molto piacere avere ora l’opportunità di essere a Ollolai, perché sappiamo che il popolo sardo è molto accogliente e ha questa forma di familiarità, cerca sempre di farti sentire a casa».

Fabio: «Io ho parenti ad Alghero, quindi sono veramente contento di tornare in Sardegna».

Dall'esibizione di Ollolai cosa dobbiamo aspettarci?

Alessandra: «Innanzitutto, presenteremo il brano No No No No, che stiamo portando in giro e in promozione adesso. Poi faremo sentire qualche altra nostra produzione per far capire che i Jalisse lavorano 365 giorni l'anno e producono sempre, non soltanto pre-Sanremo, durante Sanremo e dopo Sanremo».

Quali sono i vostri progetti futuri?

Fabio: «Le persone ci chiedono di portare i 28 brani esclusi. Molti sono su internet, non tutti, perché di alcuni non abbiamo le licenze e non abbiamo avuto la possibilità di pubblicarli. Mi viene in mente un brano con il grande maestro Luis Bacalov. Però possiamo raccontarli, abbiamo pensato di portarli in tour quest'estate, far sentire parte di quel repertorio e raccontare degli aneddoti legati a queste canzoni. Quindi chissà, magari riusciremo a tornare anche in Sardegna».

Alessandra: «Dobbiamo portare a termine l'Eurovision Tour, quindi a gennaio finiremo con le ultime date e poi ci stiamo preparando insieme alla band per l'estate visto che già si comincia ad avere richieste. Siamo pronto per portare al meglio la nostra musica nelle piazze».

Cap d'Any a l'Alguer: ad Alghero un mese di eventi musica e divertimento per vivere l’atmosfera del Natale