Una folla commossa ha dato ieri l’ultimo saluto a Marco Mameli, il giovane ucciso a Bari Sardo durante i festeggiamenti di Carnevale la notte tra il 1 e il 22 marzo. Il funerale, celebrato ieri, sabato 15 marzo, a Ilbono è stato un momento di profondo dolore per parenti, amici e conoscenti, che si sono stretti attorno alla famiglia per rendere omaggio alla sua memoria.

Durante la cerimonia, carica di emozione, il feretro è stato accompagnato da decine di persone, mentre le campane suonavano a lutto. In segno di rispetto e amore per Marco, al cimitero è stato portato anche il suo cavallo, simbolo della grande passione che Marco Mameli nutriva per questi animali. Un gesto semplice ma potente, che ha reso ancora più toccante l’ultimo saluto.

Il corteo funebre ha attraversato le vie del paese, tra lacrime e abbracci, mentre in tanti faticavano a trattenere l’emozione, ricordando Marco per la sua gentilezza e il suo spirito solare.

Le parole del vescovo Antonello Mura

"Anche dopo diversi giorni dall’uccisione di Marco, le domande che ci accompagnano sono sempre le stesse: 'Perché?' e, l’altra, 'Dio, dove sei?'. Due domande, ma un unico grido di dolore. Domande antiche come il mondo, ma crudelmente nuove, di fronte alla tragedia della morte di Marco, a causa di una mano omicida".

È inizia così l'omelia del vescovo di Nuoro e Lanusei Antonello Mura. Di seguito pubblichiamo il testo intero.

"Cari genitori Simona e Andrea, cara sorella Laura - ha continuato - questa comunità ecclesiale, insieme a quella civile, vi abbraccia teneramente e con discrezione, avendo consapevolezza di non avere parole sufficienti, né tantomeno adatte, per dare risposte alle vostre domande.

Oso solo dirvi, a nome della Chiesa, che la certezza di fede che possiamo ripeterci non viene da noi, ma da Dio.

Lui continua a dirci che l’ultima parola della nostra vita non è e non sarà la morte. Per questo la nostra preghiera oggi si innalza a Dio, ed è per questo che celebriamo con fede una vita che è risorta per tutti noi, nonostante la morte, quella dello stesso Cristo.

Inutile negare però che da questi giorni cattivi usciamo tutti divisi. Non ne sentivamo proprio la mancanza.

E quanta tristezza nel prendere atto che una festa come quella del carnevale, sia diventata l’occasione per esaltare l’aggressività e la violenza, invece della gioia e della condivisione.

Violenza ancora una volta facilitata dalle armi di ogni tipo, che continuano a circolare con una disarmante naturalezza. Ma la vita non è uno scherzo, neanche a carnevale.

La lettura del profeta Isaia ci incoraggia comunque a cercare germogli di bene e di pace, continuando a sognare la pacificazione di quelle coscienze che sembrano unicamente animate da desideri di odio, di contrapposizione e di vendetta.

Persone che non amano la vita e neanche se stesse, prigioniere di sterili schemi mentali, dal cuore indurito, che hanno scelto di consegnarsi al male senza valutarne le conseguenze.

Come Gesù, il Dio inatteso, fu un germoglio per la nostra umanità, così desideriamo giorni nuovi per i nostri ragazzi e giovani, perché loro per primi abbiano a cuore se stessi, e questa terra di viventi.

Accompagniamoli davvero, e non abbandoniamoli. Cerchiamo di ritrovare, finalmente, un salutare sussulto di indignazione, che non si fermi però alla sorpresa – in verità talvolta un po’ ipocrita – che generalmente accompagna il manifestarsi di questi episodi.

Chiediamoci se siamo genitori ed educatori distratti, senza midollo educativo, svuotati non solo di energie - pigri quindi nell’educare - ma anche poveri di ideali.

Chiediamoci se siamo diventate comunità (civili ed ecclesiali) in costante soprappensiero, occupate a progettare di tutto e di più, ma senza passione educativa, prive di quella solidarietà collettiva che vede i problemi e ricerca soluzioni.

Droga, alcol, armi e… coltelli non creano futuro, né danno futuro. I violenti di qualsiasi tipo, ricordiamocelo, sono sempre e comunque figli di questa terra, di questa umanità. E ci dovrebbe interessare aiutarli e recuperarli. Perché, ispirandoci alla prima lettura, anche il lupo può dimorare con l’agnello, se impara a cambiare e a convertirsi.

Marco merita di entrare per sempre nell’amore di Dio, perché ha subito il torto più grande: quello di avergli tolto il dono della vita. Ed è giusto che si faccia di tutto, anche vincendo l’omertà di molti, perché chi ha fatto questo non rimanga un volto violento e ignoto.

Solo chi si fa riconoscere si potrà anche aiutare, perché solo così – per rimanere al brano di Isaia - il lupo scoprirà l’amabilità dell’agnello.  E come capitò a Giovanni Battista, secondo il racconto del vangelo, di essere interpellato sulla sua identità, così noi, animati da una fede che ci fa fratelli e sorelle in Cristo, chiediamo a questo volto sconosciuto: Chi sei, dunque?

Rivelati, per favore! Rivelandoti ci aiuterai a credere che nonostante le vie storte, c’è sempre la possibilità di recuperare quelle diritte. 

Caro Marco, non riusciamo a immaginarti lontano dall’amore di Dio che ti ha creato e che ora, siamo certi, non ti verrà smentito ma sarà dono eterno.

Ti pensiamo così, e preghiamo perché tu viva per sempre, grazie a questo amore!"