"Pierpaolo non ha venduto nessuno". Così Antonio Contu, il padre di Pierpaolo, condannato a 16 anni come esecutore materiale dell'omicidio di Dina Dore, avvenuto il 26 marzo del 2008 a Gavoi, nel garage dell'abitazione in cui viveva la donna.

Chiamato con la moglie Giovanna Cualbu a testimoniare nell'ambito della nuova fase istruttoria del processo in corte d'assise d'appello a Sassari, a carico di Francesco Rocca, marito della vittima - condannato in primo grado all'ergastolo come mandante del delitto - l'uomo ha negato che il figlio abbia mai confessato ad amici o conoscenti l'omicidio e abbia indicato in Francesco Rocca la persona che lo aveva commissionato.

Al contrario, i coniugi Contu hanno ribadito di essere stati a conoscenza dell'esistenza di un gruppo che premeva affinché Pierpaolo - minorenne all'epoca dei fatti - si dichiarasse colpevole e tirasse in ballo Rocca, ma di non aver mai saputo o riferito a nessuno dell'effettivo coinvolgimento del figlio e del dentista.

"In un incontro avvenuto nel panificio della famiglia Corona, al quale partecipai anche io, Gavino Pira chiese a Pierpaolo di accollarsi la responsabilità dell'assassinio, dicendo che non gli avrebbero fatto niente perché era minorenne", ha raccontato Antonio Contu alla Corte presieduta da Mariano Brianda, a latere Massimo Zaniboni.

Rispondendo alle domande del pg Gabriella Pintus, dell'avvocato di parte civile Massimo Delogu e dei due difensori di Rocca, i legali Mario Lai e Angelo Manconi, il padre di Pierpaolo ha ricordato che "Pira mi propose una cifra intorno ai 35mila euro per pagare l'avvocato, ma rifiutammo", e che suo figlio "non si accollò mai la responsabilità di un omicidio che non ha commesso".

La prossima udienza è fissata il 21 novembre per le conclusioni delle parti.