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Il pm di Lanusei, Nicola Giua Marassi, conferirà nelle prossime ore l'incarico all'anatomopatologo Roberto Marcialis per eseguire l'autopsia sul corpo di Simone Piras, l'allevatore di 33 anni di Gairo giustiziato lunedì sera davanti al suo ovile con due fucilate al volto e al torace.
Non è escluso che l'esame possa slittare a dopo le festività natalizie. A sparare, secondo le prime risultanze delle indagini, sarebbe stato un unico killer con un fucile calibro 12. Piras sarebbe stato fatto scendere dall'auto con una trappola e giustiziato all'esterno: vicino al cadavere dell'allevatore è stato trovato un grosso campanaccio, uno dei simboli dell'ambiente pastorale.
La vittima avrebbe riconosciuto l'oggetto, illuminato dai fari della macchina, e si sarebbe fermato per raccoglierlo, pensando forse che si trattasse del campanaccio di una sua mucca uccisa nei giorni precedenti all'agguato.
La decisione di scendere dal fuoristrada gli è stata fatale: Piras è stato investito dai pallettoni del killer ed è rimasto a terra esanime. I carabinieri della Compagnia di Jerzu e del reparto Operativo di Nuoro continuano a interrogare amici e parenti della vittima. A Gairo sono state eseguite numerose perquisizioni e posti di blocco. Si scava nel passato di Piras e nei piccoli reati che aveva commesso.
Si cerca di capire quali siano i legami con i due allevatori uccisi in poco più di un anno in paese: Aldo Caboi, di 63 anni, a novembre del 2014 e Massimiliano Langiu, di 27, nel luglio scorso. I tre, tutti allevatori (Caboi era operaio forestale ma aveva un'azienda a Gairo Taquisara) e tutti con un'azienda a pochi chilometri di distanza, pare fossero amici ma poi qualcosa si sarebbe spezzato.