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Le condizioni in cui il 31 gennaio 2020 i carabinieri di Alghero trovarono a Monte Carru il corpo di Speranza Ponti, 50enne di Uri di cui si erano perse le tracce il mese prima e del cui femminicidio è accusato il compagno Massimiliano Farci, 55 anni di Assemini, condannato all'ergastolo nel 1999 per un altro omicidio, non hanno consentito di accertare segni di violenza, ma l'avulsione di due denti lascia pensare che sia stata colpita almeno una volta o che abbia subito un tentativo di pressione tra il collo e la mascella.
L'ipotesi emerge dall'esame dei quattro periti che lavorano al caso e che oggi hanno confermato i loro convincimenti dinanzi alla Corte d'assise di Sassari presieduta dal giudice Massimo Zaniboni, a latere Sergio De Luca, al pm Angelo Beccu, ai due legali di parte civile, gli avvocati Stefano Carboni ed Edoardo Morette, e al legale che difende l'imputato, l'avvocato Daniele Solinas.
Sono Salvatore Lorenzoni, medico legale dell'Istituto di Patologia forense dell'Università di Sassari, Danilo De Angelis, esperto di Antropologia e Odontologia forense dell'Università di Milano, Valentina Bugelli, entomologa forense dell'Aou di Careggi, a Firenze, e Stefano Profili, dirigente dell'Unità operativa complessa di Radiologia dell'Aou di Sassari.
Le loro valutazioni non sgombrano completamente il campo dai dubbi proprio perché il cadavere di Speranza Ponti era stato ritrovato in avanzato stato di decomposizione, esposto a lungo agli agenti atmosferici, dato che il suo decesso risale a quasi due mesi prima. Trasferitasi da qualche mese da Genova ad Alghero, dal 6 dicembre era svanita nel nulla.
L'8 marzo sarà la volta di un testimone citato dall'accusa, un militare che lavorò post mortem per ricostruire il profilo psicologico di Speranza Ponti, e uno citato dalle parti civili, il cognato della vittima. Nella stessa udienza inizierà l'esame di Farci.