Ha ritratto oggi pomeriggio in aula il teste che aveva fornito un alibi a Paolo Enrico Pinna, il giovane già condannato a 20 anni per gli omicidi di Gianluca Monni e Stefano Masala.

Riccardo Crasta, 40 anni di Nule, amico di Masala e frequentato del bar Planet, ha smentito le dichiarazioni fornite ai carabinieri all'indomani del fatto di sangue, quando raccontò di aver accompagnato a casa Pinna la sera del 7 maggio 2015, giorno della sparizione di Masala.

"Non era il 7 maggio, ma la sera dell'8. Ho trovato Paolo con Daniele Dore e Josè Ladu fuori dal Planet, li ho accompagnati tutti e sono tornato a casa", ha detto davanti ai giudici della Corte d'assise di Nuoro dove è a processo il presunto complice di Pinna, Alberto Cubeddu.

Crasta ha poi confermato quanto emerso da alcune intercettazioni ambientali: ovvero le pressioni di Roberto Pinna, padre di Paolo Enrico, per fornire l'alibi al figlio la sera della scomparsa di Masala.

Tra le testimonianze rilevanti anche quella di Patrizia Muglia, 35 anni di Siniscola, che aveva assistito alla rissa tra Monni, i suoi amici e Paolo Pinna la sera del 14 dicembre 2014, dopo le avances di Pinna alla ragazza dello studente, fatto ritenuto dall'accusa il movente dei due delitti.

Il Pm ha quindi fatto presente i messaggi mandati alla donna dal giovane per dirle che l'avrebbero chiamata i carabinieri per interrogarla sulla rissa. "Stai tranquillo, gli ho detto, io quella sera non sono stata disturbata", ha riferito alla Corte.

Patrizia Suglia, infine, ha ricordato che Paolo Pinna, la sera del funerale di Gianluca, le aveva mandato su whatsapp il video del servizio trasmesso dai Tg. "Mi sono spaventata e l'ho cancellato subito - ha rievocato la donna - Da quel giorno ho chiuso i rapporti con lui". Il processo riprende oggi.