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La centralità della paziente affetta da tumore, la sua storia personale e il contesto sociale. Ancora l'importanza di tutelare la qualità della vita e il ruolo della spiritualità.
Intorno a queste coordinate si è articolata la giornata di studi dal titolo “La sopravvivenza in oncologia: risultato clinico e suo significato spirituale” che si tenuta ieri, 12 novembre, presso l'Aula Magna del Seminario Arcivescovile in Via Monsignor Cogoni a Cagliari.
Il tema della giornata di lavori, quanto mai delicato ha messo a confronto autorevoli esponenti del mondo accademico, della sanità locale e nazionale e rappresentanti di confessioni religiose differenti: La Chiesa Cattolica, la Scuola di Buddismo Zen Sanboji - Tempio Dei Tre Gioielli di Parma, la Chiesa Battista Evangelica e dell'induismo del Centro Studi Bhaktivedanta di Pisa.
I vari relatori invitati, sono chiamati ad affrontare i temi dell'equilibrio tra la gestione clinica e il mantenimento dello stato di benessere ottimale, patologie tumorali della donna con ridotte capacità di guarigione e ancora il ruolo della spiritualità per la tutela di una buona qualità della vita della paziente.
“L'obbiettivo è mettere il paziente al centro dell'attenzione - ha sottolineato Antonio Macciò direttore reparto ginecologia oncologica del Businco. - comprendere che non ha bisogno solo di terapie, ma di ricevere quell' attenzione che renda la qualità della sua vita la più degna possibile”.
Anna Maria Paoletti dell'azienda ospedaliera universitaria di Cagliari, invece ha messo in evidenza l'importanza della narrazione del paziente e sulla capacità della classe medica di ascoltare il malato e le sue esigenze “Da recenti studi – prosegue - é emerso come la media di ascolto delle esigenze del malato da parte del medico sia di 22 secondi. Un dato significativo, capace di far riflettere su quanto sia necessario un processo di umanizzazione”.
Da più parti tra i vari relatori intervenuti - Don Antonio Mura (del Pontificio Seminario Regionale Sardo), Maria Teresa Addis (del P.O. “A. Businco” di Cagliari), Gian Benedetto Melis (A.O.U. Cagliari), Carlo Tetsugen Serra ( Centro Zen Sanboji - Tempio Dei Tre Gioielli, Parma), Gabriella Ferrandina (Fond. Policlinico Univ. "A. Gemelli", Roma), Salvatore Dessole (Università degli Studi di Sassari), Giovanni Monni (Osp. Ped. Microcitemico "A. Cao", Cagliari), Carla Ida Ripamonti (Istituto Nazionale dei Tumori, Milano), Pier Paolo Marras (del Centro Studi Bhaktivedanta, Pisa), Maria Giuseppina Sarobba e Maria Cristina Santona (P.O. S. Francesco, Nuoro), Cristina Arcidiacono (Chiesa Battista Evangelica, Cagliari) – si è sottolineata l'importanza di ascoltare e rispettare il paziente stimolandolo anche in attività artistiche, culturali e spirituali. Creare o meglio dotare le strutture ospedaliere di ambienti confortevoli dove poter proporre anche aroma terapia, musico terapia ma, soprattutto incentivare il contatto, un rapporto più umano con il paziente.
“E' sempre più necessario adottare una nuova visione del problema del malato di cancro – riprende Antonio Macciò - infatti, bisogna accettare il principio della presa in carico complessiva dell'infermo, delle sue esigenze fisiche, psicologiche, sociali e spirituali allontanando il concetto del tumore come sola malattia di un determinato organo e abbracciare invece quello di malattia neoplastica sistemica multidimensionale”.
Non solo è importante la complessità dell'individuo ma è sempre più necessario tener tenere in considerazione la multiculturalità della nostra società.
“Curare solo il corpo è riduttivo – ha affermato Carlo Tetsugen Serra, del Centro Zen Sanboji -Temp