"In questi ultimi due anni si è raggiunta una determinata prospettiva riguardo il prezzo del latte, affinché possa esserci una certa stabilità nelle nostre aziende, Oggi questa prospettiva pare venga minata da alcuni addetti al commerciale che, con modo di fare poco chiaro, stanno cercando di far abbassare, forse per interessi personali, il prezzo del Pecorino romano". Lo denunciano i pastori sardi Gianuario Falchi, Nenneddu Sanna, Fabio Pisu, Mario Carai e Carmela Abrioni che lanciano un appello ai presidenti delle cooperative e agli industriali e si dicono pronti a nuove azioni di lotta.

"Bisogna riunirsi e stabilire un tetto minimo comune sotto il quale non vendere il formaggio, perché è chiaro che un ritorno ai modus operandi passati ci farebbe pensare alla vostra malafede e speculazione sulle spalle dei pastori visto che il mercato non chiede questo ma chiede stabilità - scrivono in una nota - Se così non sarà, oggi comporterebbe l'abbandono definitivo delle nostre attività a favore dei progetti volti solo per la produzione di energie rinnovabili, ma queste non producono cibo".

"La situazione è già precaria - osservano i portavoce del movimento - si rischia di smantellare un intero, nobile sistema economico e sociale per la Sardegna". I pastori ricordano che la prospettiva di stabilità del prezzo del latte, oltre a dare solidità alle aziende, "incentiverebbe anche la volontà dei già pochi giovani che hanno intenzione di intraprendere queste attività, con benefico tornaconto per l'intero contesto sociale".