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È ormai un fronte unico quello dei pastori e delle associazioni di categoria che chiedono all'assemblea del Consorzio del Pecorino Romano Dop, che è riunito oggi a Borore (Nuoro), di modificare il disciplinare di uno dei formaggi più apprezzati al mondo - soprattutto negli Usa e in Giappone - introducendo la regola che il prodotto venga fatto solo con il latte delle pecore di razza sarda.
Ma all'ordine del giorno dei soci ci sono varie alternative tra cui la possibilità di utilizzare non solo latte proveniente dagli areali storici (Sardegna, Lazio e provincia di Grosseto), ma anche da quelle "esogene" che altro non sono che razze estere che si prestano esclusivamente ad un allevamento di carattere intensivo.
"Questa proposta, qualora venisse votata in assemblea sarebbe la rovina dell'allevamento della pecora in Sardegna, con tutte le conseguenze che ne deriverebbero - hanno detto i pastori senza bandiera con i portavoce Nenneddu Sanna e Gianuario Falchi - Noi non ci stiamo. la strada intrapresa con la protesta del 2019 non si ferma e non consentiremo ci siano cambi di rotta rispetto alle strategie individuate anche grazie a quella protesta", concludono.
È una presa di posizione unanime e condivisa anche quella lanciata dalle organizzazioni agricole regionali di Confagricoltura, Cia e Copagri che ritengono che possa essere prevista "una fisiologica tolleranza accidentale di latte proveniente da altre razze, in una minima percentuale indicata dall'assemblea dei soci del Consorzio, in modo da tutelare le caratteristiche peculiari del Pecorino Romano Dop e le tradizionali modalità di allevamento con tutte le implicazioni sociali, culturali e paesaggistiche che questo comporta".
Coldiretti ritiene che "il latte destinato alla produzione del Pecorino romano Dop debba essere quello munto dalle pecore delle razze autoctone nei territori di produzione e dunque per la Sardegna quelle di razza sarda, compresa la nera di Arbus".
Ma il presidente del Consorzio Gianni Maoddi spiega oggi su La nuova Sardegna: Il problema è che quel programma di modifiche presentato nel novembre 2020 dal Consorzio e che prevedeva l'utilizzo esclusivo di razze autoctone non è stato poi approvato dal ministero dell'agricoltura ed è dunque stato necessario apportare delle variazioni alla prima proposta: non possono accettare un periodo di riconversione delle greggi di 5 anni.
Inoltre, da Lazio e Toscana sarebbero giunte delle segnalazioni sul fatto che l'utilizzo esclusivo delle autoctone creerebbe dei problemi. Da qui l'elaborazione di una nuova proposta di modifica che ora l'assemblea deve discutere e votare" La proposta è di "inserire un elenco di razze (lista in positivo) nella quale verranno indicate tutte le razze autoctone presenti nell'areale di produzione e sarà consentita una tolleranza massima del 10% di 'contaminazione' di latte con quello di altre razze, come suggerito dal ministero per superare le criticità", conclude.