“Il nostro non è un lavoro facile o semplice. Certamente non è volto ad abbattere gli animali o a voler eliminare l’allevamento del maiale. Siamo costretti ad abbattere proprio perché questi animali vengono abbandonati in maniera assolutamente incosciente nel non rispetto delle regole nazionali e comunitarie come nel caso di Desulo, dove i maiali finivano per circolare nel paese. Interventi come quello di ieri sono l’estrema ratio, l’ultima cosa che si vorrebbe fare”.

Lo ha detto il responsabile dell’Unità di progetto e direttore generale della presidenza della Regione, Alessandro De Martini, commentando l’operazione di depopolamento di 76 suini allevati illegalmente a Desulo. Da parte della Regione è stata ribadita la totale disponibilità a collaborare e a dialogare con i territori, “una prassi mai interrotta in tutti questi mesi”.

Rispetto delle regole e porte aperte. “Proprio a Desulo – ha osservato il responsabile dell’UdP – c’è stato il caso di un signore che si è fatto avanti, durante l’intervento, dichiarando la proprietà di una ventina di maiali. Gli animali non sono stati abbattuti, ma sono stati consegnati in custodia al soggetto stesso che ha avuto le indicazione sulle nuove prescrizioni igienico sanitarie, sulla registrazione dei capi e su come detenerli. Al contempo è stata anche applicata la sanzione economica, prevista dalla normativa nazionale, che invece si poteva evitare qualora si fosse proceduto alla regolarizzazione degli animali nella finestra temporale gratuita. In questa finestra, prevista lo scorso anno da marzo al 30 novembre ed ottenuta dalla Regione a Bruxelles con enorme fatica, sono rientrati circa 450 soggetti di cui 270 del nuorese”.

Il caso dell’allevatore desulese racconta come il passaggio dalla illegalità alla legalità non sia poi impossibile.

“Dal rispetto di quelle norme che la Regione va proponendo da mesi,” in numerosi incontri e interlocuzioni con amministratori locali, pastori, associazioni di categoria agricole e venatorie, “passa per forza di cose la riuscita dell’eradicazione della PSA in Sardegna”.

Le norme e i vantaggi. Lavorare in legalità vuol dire innanzitutto anagrafare i propri animali, garantirgli l’assistenza sanitaria e soprattutto tenerli al chiuso, anche in condizione di semi brado al pascolo, con doppie recinzioni alte almeno 1 metro e 50 centimetri così da impedire il contatto con i cinghiali.

Proprio i cinghiali, in diversi casi e a seconda del territorio più o meno infetto, sono portatori sani e raramente malati di PSA che nel contatto con i maiali al pascolo brado possono far ripartire i focolai. Per venire incontro alle esigenze degli allevatori legali e di quelli emersi negli ultimi mesi o che vogliono emergere oggi, la Regione Sardegna ha predisposto interventi di finanziamento per decine di milioni di euro.

Il solo benessere animale per i suini, previsto nel Programma di sviluppo rurale 2014-2020, ha stanziato ben 50milioni di euro nei prossimi cinque anni. Investimenti mai visti per il settore, non solo in Sardegna, ma in tutta Italia. Un esempio per tutti riguarda gli allevamenti in semi brado dove una scrofa superiore ai 50kg viene finanziata con 165euro all’anno.

Rapporti con i territori. “Nei nostri interventi di depopolamento cerchiamo di non informare e quindi di non coinvolgere i sindaci se non a inizio delle operazioni – ha spiegato De Martini –. Si tratta di azioni impopolari, dove la Regione cerca di tutelare gli amministratori sul territorio, tenendoli all’oscuro e non esponendoli di prima persona, così come abbiamo voluto fare ieri con il Sindaco di Desulo, Gigi Littarru”.