Un appello disperato alla Regione per dimostrare che l'allevamento tradizionale del suino nel contesto del Gennargentu è riconosciuto come valore culturale e identitario di vitale importanza, capace di offrire un importante sbocco economico in un mercato enogastronomico di qualità.

La proposta era stata avanzata alla fine del 2015 dal coordinamento di amministratori e allevatori dei paesi di Desulo, Aritzo, Orgosolo, Seulo, Arzana, Urzulei e Talana nell'ambito del piano di eradicazione della peste suina.

E ora quel documento dettagliato e ricco di contenuti, stilato e presentato grazie anche al supporto di Bastiano Porcu, tecnico dell'Ente foreste, è stato ripresentato dal comitato, che vuole diventare parte attiva per la sconfitta della peste suina.

RICHIESTA DI PROROGA Oggi più che mai, visti i problemi che si stanno verificando in seguito all'abbattimento dei maiali, amministratori e allevatori chiedono che la giunta Pigliaru prenda in seria considerazione il documento presentato allora. «È fondamentale concordare le linee guida per la regolarizzazione degli allevamenti - si legge nella proposta - fissando una nuova data limite entro marzo-aprile 2016.

Al riguardo si vuole sottolineare il fatto che le amministrazioni locali sono state informate via fax dalle Asl territoriali solo recentemente. Inoltre, queste comunicazioni non hanno avuto nessun seguito con incontri informativi che erano indispensabili per la sensibilizzazione delle popolazioni interessate. Proprio per questo motivo la data del 30 novembre 2015 è risultata inadeguata per la regolarizzazione degli allevamenti».

TEMPI SUPPLEMENTARI L'assessore di Desulo Francesco Gioi spiega che proprio nel suo paese sono pochissime le aziende suinicole che si sono messe in regola, ma l'interesse reale è quello di una regolarizzazione degli allevamenti clandestini che potrebbe fare da apripista per la maggior parte delle aziende irregolari in tutto il territorio.

«In seguito allo svilupparsi della peste suina africana, presente in Sardegna dal 1978, sono state attivate politiche restrittive che si sono basate unicamente sugli aspetti sanitari senza considerare quelli socio-economici» spiega Gioi, riprendendo il documento firmato dai sindaci.

«Tutto ciò ha portato al fallimento dei vari piani di eradicazione perché quelle misure non hanno avuto come esito l'eliminazione del virus, ma hanno determinato enormi danni collaterali di depressione dell'attività tradizionale dell'allevamento del maiale in foresta».

LA PROPOSTA I punti di partenza indicati per attuare il processo sono due: l'immediata regolarizzazione degli allevamenti clandestini e la loro valorizzazione, con apposito marchio, nonché la creazione di una filiera interamente sarda.