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“Se il 1978 è la data in cui è sbarcata in Sardegna la Peste suina africana il 2020 deve essere l’anno in cui la eradichiamo definitivamente e riapriamo i mercati di vendita delle nostre carni di maiale e dei suoi derivati verso tutto il mondo. Non possiamo perdere questa occasione di crescita che in termini economici si stima abbia un giro d’affari di circa 500milioni di euro e dove la Sardegna è costretta a importare quasi l’80% di ciò che consuma”.
Lo ha detto in conferenza stampa il presidente regionale della Confederazione italiana agricoltori (CIA) della Sardegna, Francesco Erbì.
“L’ultimo focolaio registrato in un allevamento domestico – ha aggiunto - risale a metà settembre del 2018 in agro di Mamoiada, mentre l’ultima virus positività ritrovata nei cinghiali riguarda due carcasse rinvenute in agro di Bultei nell’aprile 2019. Dal 1978 a oggi non si è mai registrata una assenza così prolungata di circolazione della PSA, a fronte di attività di sorveglianza veterinaria mai così intense come negli ultimi tre anni. In questo quadro epidemiologico così favorevole, raggiunto con enormi sacrifici di migliaia di allevatori virtuosi e con uno sforzo immane dell’Unità di Progetto regionale nata nel 2014 con la Giunta Pigliaru, la CIA Sardegna si mette a disposizione di tutta la politica regionale e dei portatori di interesse per raggiungere insieme il riconoscimento, da parte del ministero della Salute e della Commissione europea, dell’eradicazione ufficiale della PSA e quindi la riapertura dei mercati di vendita dei prodotti sardi fuori dall’Isola. Questa deve essere una battaglia senza bandiere per il rilancio della suinicoltura e dell’intera economia agricola della Sardegna. La CIA – ha ricordato il presidente regionale – ha sempre fatto responsabilmente la propria parte con numerosi suggerimenti che negli anni sono stati accolti dalle istituzioni. Continuiamo oggi nel presentare una serie di proposte, da integrare all’importante strumento della legge 28 del 2 agosto 2018 votata dal Consiglio regionale e purtroppo inapplicata, che possano intervenire da subito a far ripartire un mondo messo all’angolo da anni di restrizioni. Ora più che mai – ha concluso Erbì riportando l’attenzione sull’attualità – è necessario permettere alle nostre aziende di riprendersi dal tracollo generato dal lockdown per Covid-19. I consumi del famoso suinetto (porcetto), su cui si fonda una fetta importante della nostra economia di settore, si sono drasticamente ridotti nei centri turistici così come è avvenuto in tutta la regione in seguito alla cancellazione di sagre, feste laiche o religiose”.
SCANU. “Sul piano nazionale e dell’Unione europea, a causa della Peste suina africana, la Sardegna è sempre stata vista come il buco nero del comparto suinicolo. Quel luogo dove per oltre 40 anni non si riusciva a eradicare la terribile malattia che oggi, con la diffusione mondiale, fa molta paura all’intero settore internazionale. Con il risultato raggiunto in questi mesi la Sardegna ha conquistato una nuova credibilità sul piano del confronto sanitario: sia a Roma e sia a Bruxelles”. Così il responsabile nazionale CIA per la suinicoltura, Martino Scanu, che ha aggiunto: “Negli anni scorsi, con lo straordinario lavoro fatto dall’Unità di Progetto regionale in collaborazione con le organizzazioni di categoria, in primis la CIA, abbiamo deciso di prendere a esempio i casi virtuosi di eradicazione della PSA come quello della Spagna. Non è stato facile, ma oggi siamo davvero arrivati dove nessuno aveva mai osato. A questo punto dobbiamo portare a casa la riapertura dei mercati di vendita fuori regione per gli allevatori sardi. Un risultato storico del genere potrebbe davvero rilanciare non solo la zootecnia isolana ma l’intera economia della Sardegna, soprattutto delle sue zone interne e rurali. Sul piano nazionale – ha concluso Scanu – l’Italia stessa si vedrebbe riaprire alcuni mercati che le erano stati preclusi proprio per la presenza della PSA in Sardegna”.
BATTACONE. “In questi ultimi anni il comparto suinicolo isolano non è rimasto immobile. Molti giovani si sono avventurati in tale mondo con coraggio, vista la presenza della PSA, puntando su innovazione e ricerca, cercando di non rimanere indietro rispetto ai colleghi d’oltre mare”. Lo ha detto Gianni Battacone, docente del Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari e uno dei maggiori esperti che studiano questo mondo. “Oggi in Sardegna – ha proseguito lo studioso – abbiamo a che fare con due tipologie di allevatori di suini: quelli che operano in questo settore da decenni (30 o 40 anni) e quelli che hanno deciso di farlo da 4 o 5 anni puntando tantissimo su nuove tecnologie, genetica animale e organizzazione aziendale. Altro elemento che con il passare del tempo è sempre più importante per la buona riuscita di questo tipo di imprese è la valorizzazione del benessere degli animali: un aspetto qualitativo sempre più ricercato dai consumatori. Questa nuova generazione di allevatori rappresenta il vero futuro di un comparto che in Sardegna, una volta superata la PSA, ha un potenziale di crescita veramente straordinario”.