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“Licenziati, umiliati, costretti a rinunciare ad ogni diritto per un assegno da fame. La sorte dei lavoratori dell’ex Saremar, società di navigazione fatta fallire da Deiana e compagni, è scritta nell’ultimo provvedimento farsa appena recapitato. In sintesi la Regione scrive ai lavoratori: dovete rinunciare a tutti i diritti pregressi, rinunciare al lavoro e in cambio potete ricevere un assegno da fame".
E' quanto denunciano il leader di Unidos Mauro Pili e il coordinatore di Unidos del nord Gallura Gianni Usai in merito all’assegno "di povertà per i lavoratori ex Saremar in cambio della rinuncia ai diritti acquisiti e pregressi".
"I lavoratori della ex Saremar - continuano - sono stati ancora una volta umiliati e senza futuro con un provvedimento che li prende ancora una volta in giro nonostante le gratuite promesse di riinserirli nel mercato del lavoro nel rispetto delle precedenti condizioni. Una proposta di conciliazione che sa di ricatto che costringerà ancora una volta i lavoratori ad una scelta durissima: cedere dignità e diritti in cambio di un assegno di mantenimento di 700 euro netti circa. La scadenza fissata del 31 ottobre per presentare le domande è l’ennesima regalia alle compagnie di navigazione che prima con le isole minori, Carloforte e La Maddalena, e poi con i collegamenti con la Corsica si sono riempite le casse di soldi pubblici senza dare alcuna garanzia ai lavoratori licenziati dalla Saremar. Siamo dinanzi ad una classe politica della regione totalmente inaffidabile perché da una parte ha portato al fallimento pilotato la Saremar, con l’unico obiettivo di cedere le linee ai privati, e dall’altra ha lasciato per strada centinaia di famiglie senza alcuna prospettiva seria. Si tratta di lavoratori a pieno titolo inquadrati in una società regionale che di punto in bianco per negligenza e colpa grave è stata portata al fallimento. Scelte nefaste di Pigliaru e Deiana che con una spregiudicatezza senza precedenti hanno portato sul baratro società e famiglie. Questo provvedimento della giunta regionale conferma un atteggiamento gravissimo che respingiamo con forza. I lavoratori non possono perdere i diritti acquisiti e occorre che i giudici si pronuncino definitivamente sulle cause di lavoro già intraprese, considerato che la richiesta del bando di povertà chiede di rinunciare ad ogni pregressa pretesa".
"Tutto questo è immorale, contro legge - sostengono Pili e Usai -, un ricatto bello e buono di una regione vigliacca che cerca di salvarsi dalle cause di lavoro in cambio di un’elemosina. I giudici intervengano prima che il ricatto si consumi ai danni dei lavoratori”.