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Lavoro di squadra e grande collaborazione hanno permesso di far nascere la piccola Desirèe Benedetta e di salvare la vita a mamma Ylenia Pirisi arrivata al Policlinico Duilio Casula, alla trentunesima settimana, con la diagnosi di placenta previa e precreta.
La situazione era delicata: c’era un importante fattore di rischio in quanto, la placenta, si trova impiantata sulla cicatrice uterina di precedenti tagli cesarei. La donna, trasferita da un altro ospedale, dopo un’importante perdita di sangue e trasfusioni, aveva già subito due cesarei e per questo la sua condizione iniziale ha immediatamente mobilitato l’equipe della Ginecologia e Ostetricia del Duilio Casula, diretta dal professor Stefano Angioni.
«Dopo un’attenta analisi della situazione – racconta professor Angioni – si è optato inizialmente per un trattamento conservativo, cioè il ricovero con monitoraggio delle perdite di sangue e delle condizioni materne e fetali, con l’obiettivo di portare la gravidanza avanti sino al momento in cui la piccola Desirèe Benedetta avesse raggiunto la maturità per nascere».
Ma gli accertamenti effettuati durante il ricovero hanno evidenziato che la placenta aveva invaso i tessuti circostanti l’utero quindi si configurava come un caso grave di placenta percreta.
«L’accretismo placentare – spiega il direttore della Ginecologia e Ostetricia del Policlinico – è una patologia della gravidanza caratterizzata dall’anomala penetrazione della placenta all’interno dell’utero (placenta accreta) o in alcuni casi anche il raggiungimento della superficie uterina e degli organi circostanti con loro parziale invasione detta placenta percreta».
I casi di placenta percreta, dice ancora Angioni, «associati a placenta previa (cioè in basso davanti al feto) e multipli tagli cesarei sono i più gravi in quanto il rischio di emorragie imponenti all’insorgere del travaglio o durante un taglio cesareo possono mettere in serio pericolo di vita madre e bambino. Inoltre, l’intervento di isterectomia, l’asportazione dell’utero, al momento del parto è gravato oltre che da un elevatissimo rischio di emorragia, da rischi di lesioni degli organi potenzialmente coinvolti come il retto, la vescica e gli ureteri».
Ed è così che, «alla trentaquattresima settimana – racconta Angioni – si è optato per taglio cesareo fundico, cioè un intervento che evita il taglio della placenta scongiurando la rimozione dell’utero. Contestualmente all’intervento di taglio cesareo si è provveduto a devascolarizzare l’utero con chiusura delle arterie ipogastriche. Così è nata la piccola Desirèe Benedetta, sana e forte dal peso di 2,330 grammi».
Dopo circa tre settimane, si è proceduto all’isterectomia con rimozione della placenta, in modo da ridurre potenziali complicazioni e disagi. L’intervento effettuato dal professor Stefano Angioni insieme ai suoi assistenti e dagli anestesisti dell’equipe dell’Analgesia Ostetrica e Ginecologica del Policlinico si è svolto senza alcuna complicazione.
«L’accurato studio del caso clinico – conclude Angioni – l’attento monitoraggio ospedaliero, la condivisione quotidiana con la paziente uniti all’esperienza clinica e chirurgica hanno consentito un ottimo risultato sia per la mamma che per la bambina in una condizione potenzialmente ad altissimo rischio».