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Pensiamo al benessere del verde e non a sterili polemiche per far leva sulla pancia dei cagliaritani. La Vta, per un agronomo, è come l'allerta meteo per un Sindaco il quale, avendo ricevuto l'sos per l’imminente pericolo, non agisce d'urgenza.
Ne è certo Marcello Polastri, Presidente della Commissione Sicurezza e Patrimonio al Comune di Cagliari e Componente della Commissione consiliare Verde pubblico e Cultura, che in una lunga considerazione fa breccia sulle polemiche di questi giorni: “D’altronde chi sbaglia pagherebbe e la verità, sul caso degli alberi, è che malconci e pericolosi, lo sono da molti anni e nessuno ha avuto il coraggio di spostarli in un ricovero. Ho seguito in TV, non ultima di una serie di uscite pubbliche di esperti vari, una interessante intervista rilasciata dall’Architetto Teresa Demontis sul rapporto presente-futuro tra Cagliari e il verde (Videolina 12.09.2020 h.14.00).
Capisco che il verde pubblico – prosegue Polastri - sia l’argomento del momento perché, di fatto, è stato portato anche per volontà dello Scrivente, all’attenzione dei Consiglieri comunali , stimolando l’interesse opposizione: ciò e accaduto 3 settimane fa, come di fatto sarebbe facilmente dimostrabile con un atto inviato loro, nel quale illustravo, in modo trasparente, una questione di sicurezza per i cittadini cagliaritani.
Un atto dovuto, il mio, dettato dal buonsenso e dalla ragionevolezza, quando con l'assessore comunale al verde Pubblico Paola Piroddi, abbiamo deciso di sottoporre ai più, al Comune di Cagliari, gli esami delle VTA, Valutazioni Tecniche Ambientali fornite dagli agronomi i quali asservivano di come una ottantina di alberi, sui circa 15.000 del patrimonio verde Cagliaritano ad oggi censito e geo-referenziato, rischiavano (e ancora rischiano) di "schiantare" pericolosamente al suolo, nel pieno centro-città, così come in alcune zone di Pirri, del Largo Carlo Felice, di viale Buoncammino, etc.
Per mano dell'opposizione al Comune di Cagliari, la "ghiotta occasione" di attacco, non si è fatta attendere anche se, di fatto, si sta già rivelando per la stessa un boomerang.
Basti pensare che, ancora un annetto fa, chi governava la città di Cagliari, dispensa oggi consigli, ricette, possibili soluzioni usando i mezzi d’informazione senza però aver portato al centro del dibattito, e di auspicate soluzioni, la storia e le vicende di quell’ottantina di alberi da salvare, da ricoverare, o da abbattere anche se questo epilogo dispiace assai, specialmente allo Scrivente.
Ben vengano, ora, anche i pareri a mezzo stampa, video e social, sia della Signora Demontis e sia del Direttore dell'Orto Botanico di Cagliari, all'insegna della democrazia partecipata e aldilà di qualsiasi approfondimento sul piano personale o su pregresse collaborazioni, sempre possibili in entrambe le direzioni (verso il mondo naturalistico o verso il mondo agrario), ma quando un architetto o un naturalista, anche se direttore di un bellissimo Orto Botanico, guarda un albero come ad esempio quelli di viale Buoncammino o del Largo Carlo Felice, non riesce a vedere oltre. E lo scritto del Dottor Bacchetta, diffuso su Facebook, ne costituisce un fulgido esempio.
Tutto quel che vede un Agronomo (in questo caso del Comune di Cagliari), soprattutto in questo momento delicato (post piogge e venti dannosi che hanno scosso la chioma degli alberi), è lievemente differente. E cercherò in tal senso di narrarlo meglio.
Anzitutto, il livello di approfondimento dell'elemento osservato e di analisi del contesto, è troppo differente e sbilanciato a favore dell'Agronomo che in alcune realtà, è anche detto “Ingegnere agrario”.
Il naturalista e l'agronomo condividono una base comune di botanica, biologia, biochimica e altre materie, però sono l'Agronomo e il Forestale che trasformano queste conoscenze in fatti tecnici, verso azioni necessarie.
Dell'albero, gli agronomi non studiano infatti solo l'anatomia, la fisiologia e la tassonomia (la classificazione) ma anche tutti i rapporti tra le sue radici, compreso il suolo su cui poggiano a partire dal substrato roccioso. Del suolo conoscono (attraverso la pedologia, la chimica del suolo e l'idraulica agraria), le sue caratteristiche chimiche, fisiche, strutturali e la capacità idrica nel corso dell'anno, in funzione della climatologia, altra importante disciplina base per l’agronomo.
Trattandosi di coltivare gli alberi delle varie specie per scopi produttivi (legno, frutta, etc) o per scopi ornamentali, l'Agronomo-Forestale deve obbligatoriamente conoscere tutte le caratteristiche tecnologiche legate agli alberi: tra queste rivestono una particolare importanza gli aspetti legati alle patologie che colpiscono tutte le piante indistintamente.
È innegabile che esistano discipline di esclusiva competenza dell'Agronomo e Forestale in quanto le applica per poter produrre; altrimenti, nel mondo attuale (dove vivono milioni di persone concentrate), non si sarebbero potuti sfamare. E non sono bazzecole.
Senza la conoscenza approfondita di materie quali la Patologia vegetale, l'Entomologia e la Fitoiatria, il mondo che conosciamo oggi non sarebbe stato possibile.
Viviamo talmente immersi in questa realtà che, chi non è del settore, non ci fa ormai più caso. Eccetto i nostri nonni che per coltivare usavano gli innesti speciali ed anche i lunari.
Oggi è diventato normale far viaggiare nel tempo e nello spazio le derrate alimentari e le piante ornamentali. Con la conoscenza profonda delle discipline sopra citate è però altresì possibile tenere sotto controllo tutti i fattori limitanti la produzione.
Ed ora, per tornare all'intervento del Dottor. Bacchetta, il suo, è senz'altro un parere dettato dal buon senso, dall'amore verso le piante, ma "non è un intervento tecnico”, come confermato dall’Agronomo Forestale Andrea Fenu che afferma di come: “egli stesso riconosce che gli alberi sono esseri viventi e hanno un loro ciclo di vita e quando non è più possibile mantenerli vanno rimossi. Non è però un intervento volto a rispondere al problema principale riguardante il rischio estremo per l'incolumità delle persone. È questa la differenza”.
Verificato che l'albero è irrimediabilmente compromesso, secondo la classificazione del metodo VTA, è necessario abbatterlo. Questo se si vuole evitare un danno a persone e cose. Infatti, l'Agronomo e il Forestale, sanno benissimo per esperienza e per studio che quell'albero cadrà, e che bisogna agire, per il bene di persone e cose.
“Ormai le funzioni statiche sono compromesse e dalla fisica sanno bene che un carico (spinta del vento sulla chioma) improvviso o superiore alla capacità di resistenza del legno compromesso le porta a sbrancare o allo schianto, con tutta la violenza dei kg che si portano dietro. È solo questione di tempo” afferma l’Agronomo Fenu, il quale ha ordinato, dopo le indagini del caso, cavature e tagli di rami o alberi "con gravità estreme".
“L'Agronomo e il Forestale queste cose le conoscono molto bene, sia che si tratti di alberi posti in agro sia di quelli dei centri abitati. È per questo che hanno messo a punto tanti metodi per prevedere i rischi legati alla presenza degli alberi in zone sensibili. La Vta è una di queste”.
"Essa - per il dottor Fenu - deriva da un bagaglio di conoscenze che appartiene soltanto, e sottolineo il maiuscolo, all'Agronomo e al Forestale.
Le analisi sulla stabilità degli alberi, sia quelle speditive massali a vista, sia quelle strumentali, “partono da un bagaglio di conoscenze che non appartengono ad un naturalista o biologo, altrimenti sarebbe un Agronomo o Forestale.
In conclusione ben vengano tutti i pareri e i consigli al capezzale dell'albero sofferente, ma poi la diagnosi e la terapia la può prescrivere solo la figura tecnica specializzata che per la legge italiana è rappresentata dalla figura dell'iscritto all'Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali i quali hanno compiuto un percorso di studi specifico”.
“Tutte le altre figure sono pregate di rispettare la professionalità altrui, come noi rispettiamo le loro - afferma l’Agronomo Fenu - per non generare false speranze, ancor di più quando la posta in gioco è la sicurezza legata ad alberature a rischio estremo”. E, qui, avrei da dire anche sull'azione del voler a tutti i costi, con il coinvolgimento dei Carabinieri, dopo tutto il polverone e la tempesta in un bicchier d’acqua, bloccate un atto dovuto per il bene della città e per la sicurezza.
C'è stato chi, coinvolto dai consiglieri d'opposizione del Comune di Cagliari, si è prestato suo malgrado ad alimentare una bella bagarre nella quale sono stati chiamati in causa Soprintendente, Carabinieri, Procura, gruppi ambientalisti (organizzati), però, per gli agronomi “il rischio estremo esiste ancora, e tutti questi autorevoli interventi che rispetto profondamente, non hanno in se stessi il potere di sospendere il pericolo; gli alberi infatti continuano a cadere”. Forse sarà così, pur facendo i dovuti scongiuri, con la prossima tempesta ventosa.
Da presidente della Commissione consiliare sicurezza, ritengo importante approfondire ulteriormente la questione. A maggior ragione quanto sento dire, dall'Agronomo Fenu, “Io ho fatto quello che andava fatto: ho ricevuto una allerta per rischio estremo e ho agito per obbligo dell'Ufficio che ricopro. Guai se non l'avessi fatto. Chi davanti ad una VTA classe D può rimanere inerte? “.
La VTA per un agronomo è come l'allerta meteo per un sindaco il quale, avendo ricevuto l'SOS di un imminente pericolo, non agisce d'urgenza. Chi sbaglia, d'altronde, pagherebbe! E la verità, sul caso degli alberi è che, malconci e pericolosi, lo sono da molti anni.
Alla puerile richiesta di sorreggere gli alberi sofferenti e vecchi, con dei tutori, si potrebbe dire Sì. E chi vuole può osservare nei Giardini Pubblici del Terrapieno o al Parco sotto le mura, due validi esempi di tutori che sorreggono due alberi malconci: apprestamenti in acciaio corten, con basamento, pesante, in cemento armato.
Anche da questa considerazione emerge la differente formazione culturale, tra un naturalista e un agronomo - forestale: l'economia e l’impatto del cemento con il terreno, con l’ambiente.
Tutto quello che un agronomo e forestale fanno, però, ha un orizzonte economico che ne caratterizza il limite delle azioni: se conviene, si fa, altrimenti non si fa. Laddove possibile, si cava la pianta e la si cura, diversamente, la si taglia.
Ora, considerato che il Comune di Cagliari è libero di investire la cifra che riterrà più opportuna per sorreggere gli alberi gravemente compromessi, è bene che si sappia, all'insegna della trasparenza, che per sorreggere tutti quegli alberi (struttura in acciaio, scavi, basamento) potrebbe essere richiesta una cifra superiore al milione di euro. Ne varrebbe la pena?
Ha lo stesso significato, percorrere un filare di tubi d'acciaio che sorreggono alberi, oppure sostare sotto alberi sani? Per non parlare, poi, dei costi di chi deve mantenere efficienti quei sostegni, e per chissà quanti anni, e quanti decenni?
Ma vi immaginereste nel Largo Carlo Felice tanti alberi sorretti da stampelle? Non sarebbe, quindi più sensato, cavare e ricoverare le piante malate, e quindi sostituirle con quelle sane della stessa identica tipologia alte circa 3 metri?
Era ed è questa l'intenzione degli agronomi comunali, laddove l’ottantina di piante su circa 15.000 esemplari, per loro natura dovessero avviarsi al ricovero presto il vivaio comunale.
Da Consigliere comunale e Presidente della Commissione sicurezza, ma ancor prima da cittadino che ama Cagliari, e che ha a cuore in modo particolare la sicurezza dei cittadini, non posso far finta di non sapere. E, se dovessi scegliere tra un albero che soffre, e che andrà al ricovero, scelgo la sicurezza per chi passa sotto la pianta. Purché al posto di quella malata, ci sia la pianta sana, stavolta seguita però passo dopo passo. E non come accaduto nel recente passato.
Mi complimento con il sindaco Truzzu e con l'Assessore Piroddi per aver compreso la gravità della situazione, quale questione di primaria sicurezza per il cittadino mentre agli agronomi, i soli a conoscere a menadito le piante in questione, infangati e presi a male parole come se fossero mani di forbice, esprimo tutta la mia solidarietà. E infine, ai loro omologhi predecessori, i quali probabilmente non si sono trovati a gestire questa emergenza, dico che comprendo anche il loro mal di pancia, nonostante gli alberi fossero nelle stesse condizioni di oggi, nella stessa e identica postazione. E forse, con la comparsa dei loro primi acciacchi, allora sì che potevano essere salvati.