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Sono state presentati questa mattina, nella sala consiliare del Comune, le ultime scoperte archeologiche, emerse durante i lavori della rete del gase della posa della fibra, nella colonia romana di Turris Libisonis, la Porto Torres di duemila anni fa.
Eranp presenti il sindaco Sean Wheeler, il Soprintendente di Sassari e Nuoro, Bruno Billeci, e il referente Italgas, Federico Sanna, Direttore operativo di Medea.
Al tavolo anche il vicesindaco Marcello Zirulia, l’assessore ai Lavori Pubblici, Alessandro Derudas, il funzionario archeologo responsabile di zona, Gabriella Gasperetti, l’assistente tecnico-scientifico della sede operativa di Porto Torres, Franco Satta, e l’archeologa professionista Daniela Deriu.
“Le opere pubbliche servono a rendere più moderna una città, ma diventano spesso occasioni anche per approfondirne la conoscenza e per raccontare il nostro passato ricco di storia», ha sottolineato il sindaco Wheeler.
“Gli scavi d’emergenza – ha aggiunto Derudas – sono stati svolti in piena sintonia tra l’azienda e le istituzioni, senza intaccare il cronoprogramma”.
«C’è la massima attenzione al tema dell’archeologia – ha sottolineato Federico Sanna di Medea, la società del Gruppo Italgas che sta costruendo le reti di distribuzione del gas nei bacini sardi in concessione – e stiamo riuscendo a rendere compatibili le due attività. I tempi di esecuzione saranno rispettati e la chiusura dei lavori è prevista entro l’anno”.
Per la direttrice delle indagini archeologiche, Gabriella Gasperetti “I resti di interesse archeologico sono di particolare rilievo. Sono stati individuati elementi architettonici e strutture di ottima fattura purtroppo già in parte danneggiate e obliterate da precedenti lavori per sottoservizi e piani interrati. Nonostante le limitate dimensioni della trincea di scavo, sono state documentate le strutture, recuperati i reperti mobili e consolidati gli intonaci di rivestimento”.
L'assistenza, la documentazione scientifica e gli studi preliminari sono curati dalla dottoressa Daniela Deriu, con la collaborazione della Sede operativa di Porto Torres rappresentata dal funzionario per le tecnologie Franco Satta, dagli operatori tecnici Gavino Canu e Giantonello Sanna, e della squadra Ales in servizio in città.
Tra via Carducci e via Colonia Romana è stato recuperato il basamento di una colonna in calcare ed è stata individuata una struttura muraria in opus incertum. Gli archeologi hanno anche esaminato diverse sepolture monumentalizzate, plinti a base quadrata, una sepoltura con copertura in laterizi a cappuccina, un ambiente in opus latericium e un mattone con bollo di fabbrica che si trova ora nel Centro di restauro di Li Punti. Il tracciato del cavidotto è stato finora modificato in corso d'opera al fine di permetterne la realizzazione e contestualmente assicurare la conservazione dei resti archeologici.
“Ho potuto verificare che a Porto Torres si è attuata una buona pratica – ha rimarcato il Soprintendente Billeci – grazie alla collaborazione tra azienda e istituzioni, considerando il fatto che si sta operando in una città pluristratificata. Bisogna contemplare l’utilità di un lavoro pubblico con il dovere di raccontare ai cittadini, attraverso il nostro intervento, un passato che ci spiega perché, ancora oggi, tante persone vivono in questi luoghi che sono testimonianza di un periodo glorioso durante il quale Porto Torres rivestiva un ruolo di primo piano”.
I lavori stanno interessando l'intero centro storico e non si esclude la possibilità di dover modificare ulteriormente il tracciato con l'intensificarsi delle scoperte, eventualità dovuta anche alla mancanza, nel progetto originario risalente ad oltre dieci anni fa, della verifica preventiva dell'interesse archeologico, oggi obbligatoria per legge per i progetti di lavori pubblici che interessano il sottosuolo.
La conservazione delle superfici e dei beni mobili è curata dal Centro di restauro della Soprintendenza di Sassari che si trova a Li Punti, attraverso i funzionari Alba Canu, Alessandra Carrieri, Charlotte Montanaro, dall’assistente tecnico Giovanni Antonio Chessa e dal fotografo Giovanni Porcu.