Sembra in parte rientrato l'allarme per la maggior parte dei pellegrini rientrati in Sardegna dopo il pellegrinaggio a Medjugorje, nel cui gruppo sono stati riscontrati numerosi casi di positività al coronavirus, fra cui cinque ricoverati. A confermare che il pericolo di diffusione sia contenuto è il fatto che le persone ancora ricoverate nel reparto di Malattie infettive dell'Aou di Sassari sono quattro, tre dei quali supportati nella respirazione dal casco Cpap, più un contatto di uno di loro, contagiato dunque nell'Isola. 

I casi accertati dei pellegrini che nei giorni successivi al ritorno dalla Bosnia avevano accusato dei sintomi e sono risultati positivi è di 30, su un gruppo di 167 persone provenienti da diverse parti dell'Isola, ma concentrate soprattutto in Gallura. Quasi tutti over 60 e in prevalenza non vaccinati; al momento le condizioni dei ricoverati sono considerate stazionarie e c'è ottimismo circa la possibilità di scongiurare che qualcuno di loro debba essere trasferito in terapia intensiva. 

Preoccupa maggiormente la situazione a livello territoriale, ad iniziare dalle persone con cui i contagiati sono stati a contatto una volta fatto rientro a casa, ovvero un migliaio di persone complessive. Si attende di conoscere nel dettaglio il tracciamento predisposto dal servizio di Igiene pubblica dell'Ats per capire quante possano essere quelle da sottoporre a tampone e a quarantena. 

Essendo finita la Bosnia tra i Paesi nei quali il Ministero della Salute vieta i viaggi a fini turistici, i pellegrini prima di ripartire sono stati sottoposti a tampone, risultato in tutti i casi negativo, e obbligati alla quarantena fiduciaria fino a dieci giorni dopo il rientro. Le prime avvisaglie, con qualcuno della comitiva che ha accusato febbre e altri sintomi, risalgono a qualche giorno dopo l'arrivo nell'isola.