Si è tenuta sabato 3 febbraio, presso la sala conferenze della Biblioteca Comunale di Buddusò, la presentazione de S'Ussu, la maschera tradizionale del carnevale buddusoino recuperata grazie ad una approfondita e certosina ricerca dell'assessore alla Cultura Tomaso Tuccone.

"Il recupero della nostra maschera – ha dichiarato Tuccone – arricchisce ulteriormente le nostre tradizioni popolari. I giovani potrebbero fare tesoro di questa riscoperta formando un'associazione che la tuteli e la conservi. La maschera dell'orso era una presenza fissa del carnevale buddusoino, poi, col tempo, è stata abbandonata e dimenticata".

La ricerca è durata diversi mesi: "L'idea di recuperare la nostra maschera tradizionale è nata nell'ambito della manifestazione Artes in Carrera, quando tanti compaesani, vedendo le maschere di altri centri dell'isola che abbiamo invitato ad esibirsi a Buddusò, mi hanno chiesto di approfondire le notizie relative all'esistenza di una figura tipica del nostro carnevale".

Ad attestare che la figura de S'Ussu, l'orso, fosse fino agli anni '30 del XX secolo protagonista del carnevale buddusoino, una serie di documenti e testimonianze raccolte dall'amministratore che per 36 anni ha diretto la Biblioteca Comunale del paese del Monteacuto. Tuccone ha elaborato una relazione che raccoglie in maniera precisa le varie fasi della ricerca.

"Fra gli studiosi di tradizioni sarde che si sono interessati alle maschere del carnevale sardo, l'unica che si è interessata della maschera dell'orso è Pietrina Moretti. Giaà negli anni '60 scrisse l'articolo La maschera dell'orso nel carnevale sardo, edito da Olschki e citato poi dall'antropologa Luisa Orrù nel suo libro Maschere e doni - musiche e balli. In questo articolo ci informa che fra i comuni visitati risultò che la maschera dell'orso era in uso in 122 centri sull'intera area regionale. La ricerca fu ultimata e pubblicata nel 1967 nella rivista semestrale Lares. Fra le numerose versioni raccontate dai suoi informatori riporta quelle di maggior rilievo relative a realtà come Mamoiada, Nuoro, Orgosolo, Aritzo ed anche Buddusò".

"A Buddusò – prosegue Tuccone nella sua relazione, secondo quanto riscontrato, s'ussu entrava in scena su un carretto, era letteralmente coperto di campanacci e circondato da uomini in costume e col viso imbrattato i quali cantavano: A ferru frittu malteddadu l'ana – a colpos de pirone a sa campana – resissidos bi sono a la segare – ferru frittu malteddadu l'ana. Giunti nei punti prestabiliti, l'orso veniva fatto scendere, gli accompagnatori formavano attorno a lui un cerchio e mentre al centro l'animale ballava, gli uomini riprendevano a cantare briosi versi a doppio senso. Conclusa la sua danza, era l'orso che intonava quartine palesemente oscene introdotte dal distico: Duas peddes m'appo tusu pro mi faghere una fodde, mentre attorno a lui veniva eseguito il ballo tondo. Infine fra lazzi e risa veniva ucciso a colpi di bastone".

Fra le testimonianze raccolte, anche una orale particolarmente preziosa: "La presenza di questa maschera nel nostro centro viene ulteriormente confermata dalla testimonianza della signora Maria Rita Ferreri, di anni 94. Vedendo la foto della maschera esclama: Emmo est issa, si è lei, aggiungendo che alle mani ed ai piedi aveva gli artigli".