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Oltre il 50% dell'acqua complessivamente immessa in rete in Sardegna va perduta. Una rete "colabrodo" che non garantisce un'acqua di buona qualità, tanto da spingere il 50% della popolazione isolana a non berla, ricorrendo all'acqua in bottiglia. È quanto emerge da un recente dossier del Centro studi della Cna Sardegna che analizza l'ultimo censimento dell'Istat. In base ai dati elaborati dall'associazione, nell'isola la differenza tra i volumi d'acqua immessi in rete e i volumi erogati è altissima.
Le perdite sono attribuibili solo in parte ad una perdita fisiologica (che incide inevitabilmente su tutte le infrastrutture idriche e varia generalmente tra il 5% e il 10%), mentre un'altra a prelievi abusivi (3-5% in media). Tutto il resto è dovuto al volume di acqua che fuoriesce dal sistema di distribuzione a causa dell'anzianità degli impianti: corrosione, deterioramento o rottura delle tubazioni ancora presenti in quantità di cemento-amianto o giunti difettosi.
Situazione che peggiora nei capoluoghi: dai dati pubblicati da Istat in occasione della Giornata Mondiale dell'Acqua 2022 emerge che le perdite idriche nei Comuni capoluogo sono superiori alla media regionale, fino a sfiorare il 63% nel Comune di Sassari. "I 13.450 km di rete acquedottistica regionale si trovano dunque in pessime condizioni di manutenzione e avrebbero necessità di consistenti investimenti ma non è semplice effettuarli".
La Cna stima, infatti, che ricostruire a nuovo la rete acquedottistica regionale costerebbe circa 2,7 miliardi di euro perché "la sola manutenzione così come è condotta attualmente non è più sufficiente". "La Sardegna è la regione con un più alto numero di bacini artificiali destinati alla produzione di acqua potabile: questo causa un importante calo della qualità dell'acqua prodotta", spiega Cna.
"Il 30% delle famiglie sarde - rivela il Centro studi - non è soddisfatto del servizio idrico: quasi il 10% non lo è per niente, tre volte di più della media nazionale che si attesta a 2,9%. Quasi il 12% della popolazione sarda lamenta una pessima qualità dell'acqua erogata dal rubinetto e il 50% dei sardi non si fida di bere acqua dal rubinetto: se a livello nazionale la spesa per l'acquisto di acqua minerale è di 12,56 euro al mese per famiglia, in Sardegna questo valore sarà proporzionalmente più alto".
"In un contesto di sempre maggiore scarsità della risorsa idrica, specialmente in Sardegna - commentano Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna - è prioritario affrontare il problema dell'infrastruttura idrica regionale per ridurre gli sprechi, abbassare il costo a carico delle famiglie per il consumo di acqua in bottiglia, limitare i consumi di plastica e i rischi ambientali connessi al loro riuso e smaltimento".